Primarie del 29 e 30 dicembre Bersani salva i notabili del partito

Le primarie per i parlamentari sono un esperimento inedito e buona parte del suo partito ne avrebbe fatto a meno. Bersani ha voluto portare avanti l’operazione iniziata con le primarie per la scelta del candidato premier, anche se ha ceduto alle pressioni dei notabili mantenendo un 10% di nominati e di notabili. A fine mese il 90% dei candidati al Parlamento verrà scelto non dai capi corrente, ma dagli iscritti al Pd e da coloro che accettano di dichiararsi elettori democratici. Si tratta di una scelta fino a un certo punto dato che le liste di candidatura alle primarie verranno stilate dalle direzioni provinciali del Pd, in larga parte schierate con il segretario. I nomi tra i quali scegliere saranno decisi in buona parte dall’alto.

I vari “big” del partito, però, hanno ottenuto una serie di paletti per evitare di essere tagliati fuori dai quadri locali del partito. C’è un a quota del 10% di candidature che è riservata al vertice nazionale del partito. In tutto, si parla di una novantina di persone alle quali verrà evitata la conta delle primarie. Poi ci sono i capilista che verranno scelti dal vertice del partito e dagli organismi provinciali. Alcuni dei “big” potrebbero essere collocati in questa posizione. In tutto, sono state dieci le deroghe che la direzione del partito ha concesso a parlamentari uscenti che hanno già tre o più legislature alle spalle, di fatto tutti coloro che hanno chiesto la deroga l’hanno ottenuta: si tratta di Mauro Agostini, Rosy Bindi, Gianclaudio Bressa, Anna Finocchiaro, Giuseppe Fioroni, Maria Pia Garavaglia, Giuseppe Lumia, l’ex presidente del Senato Franco Marini, Cesare Marini, Giorgio Merlo. In teoria, tutti dovrebbero sottoporsi comunque alle primarie, ma non è detto che non vengano inseriti nella “quota garantita”.

Fissate una serie di incompatibilità, visto che i parlamentari uscenti temevano la concorrenza degli amministratori locali, Non potranno candidarsi alle primarie europarlamentari, presidenti di regione e provincia, sindaci di città con più di 5 mila abitanti, consiglieri e assessori regionali, presidenti di municipi di grandi città come Roma. Solo chi otterrà una esplicita deroga potrà candidarsi. Una norma che in parte rassicura i parlamentari, che temevano i “pacchetti di voti” gestiti dai politici locali. Potranno votare gli iscritti al Pd e, in generale, coloro che accetteranno di registrarsi come elettori democratici.