Appello per i Fucilieri di Marina in ostaggio in India

Il Generale Fernando Termentini, apprezzato editorialista, ha indirizzato una lettera aperta a Terzi in riferimento al caso dei marò detenuti nel paese asiatico. Di seguito ve la riportiamo integralmente, certi che la stessa interpreti il pensiero della moltitudine degli Italiani.

“Signor Ministro,

si accavallano notizie su un ulteriore possibile slittamento in avanti della sentenza dell’Alla Suprema Corte dell’India sulla sorte dei due nostri due Fucilieri in ostaggio di quella Nazione ormai da quasi sette mesi.

Notizie che trovano riscontro in Agenzie di stampa accreditate ed affidabili per cui in noi,  semplici cittadini vicini ai due nostri Fucilieri di Marina in ostaggio di uno Stato straniero da quasi sette mesi, sorge il ragionevole dubbio che risponda a verità quanto riferito. Comunicati, peraltro, in contrasto  con le comunicazioni del Suo Ministero.

Dubbi avvalorati dal silenzio del Suo Ufficio stampa che continua a tacere sulla situazione e non conferma né smentisce le Agenzie a cui ci si riferisce. Un silenzio però che dimostra di condividerne  i contenuti pur senza spiegarne i motivi, rivedendo antiche tradizioni del MAE che notoriamente non riferisce ai cittadini.

Un silenzio che se in tempi passati poteva essere condivisibile per garantire una certa riservatezza nella gestione del problema, ora non lo è perché si ritiene assolutamente pleonastico dopo sette mesi  appellarsi ancora a riservatezza.

Chiediamo solo aggiornamenti su una vicenda assolutamente non riservata e ormai nota a tutti anche nei dettagli,  sulla quale da mesi si sta disquisendo. Informazioni che credo rappresentino un diritto che deve essere garantito da uno Stato democratico in particolare a cittadini preoccupati per la sorte di due connazionali impegnati, per dovere istituzionale, a difendere la sicurezza nazionale all’estero ed in Italia, compito che li ha portati ad essere coinvolti nei noti eventi. 

Un onere quello di fornire informazioni aggiornate che dovrebbe rappresentare un obbligo soprattutto nel  rispetto dei due nostri militari che stanno dimostrando un pregevole attaccamento alle istituzioni con modestia e nello stesso tempo con fierezza, come peraltro mi sembra di ricordare che Lei stesso ha avuto modo di apprezzare in occasione della sua recente visita in India.

A tale riguardo, quindi, Signor Ministro è mia personale opinione e credo anche quella di molti cittadini italiani, che non sia più possibile accettare notizie affidate ai “sentito dire” o a fonti diverse da quelle istituzionali. Parimenti, non credo che possa essere compromessa la sorte di Massimiliano e Salvatore informandola Nazione sull’andamento di  un iter processuale che ormai sembra più una farsa piuttosto che una sana applicazione del diritto a tutela dei diritti dell’uomo. Un’informazione che ci dica anche in maniera puntuale su quanto stia facendo in termini concreti il nostro Paese perché la vicenda trovi una conclusione, oltre alle annunciate dichiarazioni di intenti che sembrano però rimanere tali .

Forse in questo momento non sarebbe nemmeno inopportuno far sentire la Sua voce in un  contesto quale quello dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, presso la quale si trova insieme al nostro Premier, denunciando ufficialmente l’approccio che l’India sta tenendo nei confronti dei nostri militari e di tutta l’Italia, avulsi almeno per una volta da qualsiasi condizionamento indotto dalle comuni prassi diplomatiche, ma proponendo nella sua interezza l’indignazione di un Paese per come vengono trattati propri militari, peraltro impegnati a far rispettare accordi internazionali sottoscritti sotto l’egida delle Nazioni Unite e relativi al contrasto della pirateria marittima.

Signor Ministro, mi permetto di far osservare che la Nazione tutta ha ormai il diritto di conoscere in tempo reale ed  in maniera certa quello che sta accadendo. Chiediamo aggiornamenti su un processo pubblico e non su un’azione dell’Intelligence nazionale. Non credo, peraltro, che si possa richiamare la tutela della riservatezza per non compromettere le decisioni di un Tribunale Supremo, quasi che la Corte indiana potesse essere influenzata da iniziative parallele.

Fiducioso e fiduciosi nella Sua opera attendiamo di essere informati”.