Cosenza, tappa del Calabria Jones di Giacobbo

Da oggi, 12 settembre, prende avvio il progetto di educazione all’ archeologia “Calabria Jones” guidato da Roberto Giacobbo il conduttore di “Voyager” e voluto dall’Assessorato regionale alla Cultura. Saranno tre giorni all’insegna della ricerca e dell’approdimento storico e toccheranno alcune località della Calabria conosciute ma non troppo. Una di queste tappe sarà la città di Cosenza. Conosciamola meglio insieme. È stato Strabone ad identificarla come “Cosentia” fondata da Brettio, figlio di Ercole, città “metropoli” della popolazione indigena dei Bruzi, che ha avuto anche rapporti con la successiva civiltà magnogreca, stando ai tanti ritrovamenti venuti alla luce. Nel 331 a.C. fu conquistata da Alessandro il Molosso re dell’Epiro e durante la 2^ guerra punica si schierò a fianco di Annibale contro i Romani che poi, nel 204, la tennero completamente e per sempre trasformandola  anche in centro di scambi commerciali da e per la Sicilia. Questa è Cosenza, la grande città posta nella vallata alla confluenza del Crati e del Busento a 224 mt.(s.l.m.), attorniata, come verde corona, dai monti della Sila e da tante colline. È la città famosa anche perché qui, nel 41 d.C., vi morì Alarico re dei Visigoti sepolto nel letto del Busento, pare insieme ai suoi tesori. In seguito la dominarono i Longobardi e i Bizantini e nel 986 i Saraceni la devastarono e nei secoli successivi con i Normanni, gli Angioini, gli Aragonesi e gli Spagnoli, la città brucia divenne importante centro di tutta la Calabria settentrionale soprattutto dal versante culturale. E già, perché, superato il lungo periodo medievale, l’Accademia Cosentina, voluta da Aulo Giano Parrasio nel 1514 e ricostituita nel 1534 dal filosofo Bernardino Telesio, contribuì, e non poco, a fare di Cosenza, un ricco ed incisivo centro di cultura umanistica e non solo per la Calabria. E la storia cosentina si è arricchita anche nei secoli a venire, prima con le nuove idee repubblicane del 1799 che la opposero valorosamente alle truppe sanfediste del Cardinale Fabrizio Ruffo e poi protagonista dei moti risorgimentali del 1813, del 1829 e del 1837. E chi non ricorda  che nel 1844 nel suo vicino Vallone di Rovito furono fucilati i fratelli Bandiera? Ancora oggi Cosenza offre la bellezza e l’integrità del suo centro storico ritenuto unanimemente uno dei più belli esistenti al mondo. Artefice del nucleo storico urbano è stato Federico II che trasformò il castello sulla rocca brezia, ricostruì la Cattedrale (consacrata nel 1222) dalle forme romaniche del XII sec. ed impreziosì il palazzo vescovile di tante sacre reliquie. Altra artefice della bellezza del centro storico è stata Isabella d’Aragona della quale si può ammirare il monumento funerario gotico realizzato da artisti francesi nel 1600 e custodito in Cattedrale. Di tal monumento lo studioso Cesare Brandi scrisse che già questo da solo “merita un viaggio a Cosenza”, E poi Cosenza è forse l’unica città calabrese che ha saputo meglio conservare le testimonianze delle varie civiltà succedutesi. Del periodo magnogreco è visibile il sarcofago marmoreo con bassorilievi, dedicato a Meleagro ed Atalanta; dell’epoca romana è il tratto dell’opus reticolatum di via Messer Andrea ed ancora le tante chiese e conventi dei secoli successivi.   La Cattedrale dal frontespizio gotico-barocco, fu costruita dalle forme romaniche verso la metà del XII secolo e ricostruita completamente nel 1222 quando, come detto prima, fu consacrata alla presenza di Federico II. All’interno sono tantissime le pregevoli opere d’arte e tra le altre cito: l’altare barocco in marmi policromi che accoglie la tavola bizantina della Madonna del Pilerio di cui dirò più avanti; la tela del 1770 della Madonna delle Grazie; un Crocifisso ligneo del Quattrocento. Ma il più importante monumento presente nel duomo cosentino è la “Stauroteca”: è un reliquiario della Croce di cui ne contiene un frammento, fu donata da Federico II in occasione della consacrazione della Cattedrale, è una preziosissima opera orientale in lamina d’oro applicata ad uno scheletro di legno ed arricchita da filigrane, smalti e pietre. La Cattedrale, dal 10 maggio 1981, dall’allora Arcivescovo Mons. Trabalzini è stata elevata a Santuario della Vergine del Pilerio ed è qui che Papa Giovanni Paolo II, nella sua visita in Calabria del 6 ottobre 1984, si è fermato in preghiera davanti alla sacra icona. Il culto alla Madonna del Pilerio risalirebbe all’anno 1576, anche se l’icona bizantina risale all’XI sec. Ma è tra il 1575 e il 1576 che sulla Calabria infieriva una gravissima pestilenza mietendo molte vittime ed anche a Cosenza e così in quei giorni i Cosentini si rivolgevano a Dio per implorare pietà e liberazione. Per descrivere il mistero di ciò che avvenne in quel tempo faccio mia la pagina di don Bruno Sodaro (Santuari Mariani in Calabria- Chiaravalle C.le 1987) che così descrive. “Or mentre un giorno un pio devoto pregava con particolare fervore dinanzi ad un’antica icona della Madonna, s’avvide che sulla guancia sinistra della stessa era apparsa una macchia simile a bubbone di peste. Senza perdere tempo corse ad avvertire il Vicario Generale dell’Archidiocesi […] Vicario, Clero e popolo accorsero e verificarono lo strepitoso prodigio. Si suppose che la Vergine abbia voluto dimostrare di prendere quasi su di sé il flagello della peste per liberarne i suoi figli. Da quel momento il contagio cominciò a regredire, finchè non cessò del tutto. Gli stessi ammalati sollecitamente guarirono. Il prodigio spinse il popolo a dare fin d’allora alla Vergine della Cattedrale il titolo di protettrice della Città. La notizia del prodigio si divulgò nei dintorni, donde ben presto accorsero numerosi pellegrini per vedere il miracoloso Dipinto e per invocare il patrocinio di Maria”. Dopo qualche tempo, nel 1603, l’Arcivescovo Mons. Giovanni Battista Costanzo fece sistemare la sacra Immagine dapprima su un pilastro della Cattedrale, poi sull’altare maggiore ed infine nella cappella detta “de li Pilieri”. Da allora mai cessò l’accorrere di pellegrini provenienti anche fuori della Calabria. Ai nostri anni, nel 1976 in occasione del IV centenario dell’avvenimento del prodigio della Vergine di Cosenza, l’Arcivescovo Mons. Enea Selis commissionò alla Sovrintendenza ai B.A.A.A.S. della Calabria il restauro dell’Icona e se ne ricavò che è “un dipinto originale su tavola, di pregevole artistica fattura del secolo XII- XIII”. Per altri studiosi si tratta di “ antica icona bizantina  su legno”, posta fuori della Cattedrale e presso una delle porte della città a difesa di essa. Da qui l’intitolazione “Madonna del Pilerio” dal greco “pulè” che significa  “porta” o “puleros” (guardiano, custode della porta). La festa della Mamma cosentina è celebrata solennemente  l’8 settembre.   Il convento dei Padri Predicatori con l’annessa chiesa di san Domenico del XV secolo con elegante portale del ‘600 e le sculture della scuola napoletana di Giovanni da Nola del 1500. La chiesa di san Francesco di Paola ricostruita nel XVII sec. e nella quale si conserva il secentesco sepolcro marmoreo di Ottavio Cesare Gaeta. Il monastero delle Vergini dal bel portale bugnato con annessa chiesa di Santa Maria delle Vergini , nei pressi della quale sorgeva  un tempo la sinagoga; tutto il complesso è stato edificato tra il 1515 ed il 1520 dalle suore dell’Ordine Cistercense e nella chiesa è custodita una tavola del sec. XIII, la Madonna col Bambino di Giovanni da Taranto. E sono tante le altre chiese e monumenti di ricco interesse storico-artistico da vedere.   Continuando la nostra passeggiata, sul colle detto di San Pancrazio, visitiamo il già citato castello arabo- normanno e tutto attorno i tanti imponenti palazzi nobiliari, quelli dei Sersale, del Vaccaro, dei Gaeta, dei Contestabile, dei Presidi di Calabria, di Ferrari d’Epaminonda, il Palazzo del Governo, le case dei Caselli e di Galeazzo di Tarzia.   Ma Cosenza è anche altro. È tanta vivacità culturale ed artistica che trova il suo centro propulsore nel bel Teatro Rendano che offre la sua  stagione lirica, nell’Università della Calabria che ha sede nella frazione rendese di Arcavacata, nel Museo Civico che ospita tanto materiale archeologico che va dai resti ossei del Paleolitico superiore delle grotte di Cirella all’oimophoros di età romano-imperiale, e nel Premio Sila per le Lettere e le Arti. Ed infine Cosenza è attraversata dall’A3, l’Austostrada del Sole Salerno – Reggio Calabria e scusate se è poco.