Letture estive, Vincenzo Idà e l’odore del grano

“Non bastavano le disgrazie e gli effetti della guerra e della miseria a Sant’Ilario? Perché? Qual era il peccato da scontare per meritarsi ancora quel terribile castigo di Dio, materializzato in paure e pericoli […]. Per gli uomini di quel pezzo della provincia, scordata da Dio e da tutti, ogni cosa era enormemente difficile. Il giorno si lavorava per un tozzo di pane. Stanchi per l’immane fatica nei campi, la sera si stava raccolti insieme…”. Dentro questo panorama di sofferenze, miseria nera ma anche tanta umanità si snoda la storia, oggetto di questa nota, una storia intrigante che ti prende fin dalla prima pagina e ti conduce per ampi sentieri attraverso una trama viva ed efficace. Lo scrittore ha costruito la sua storia, iniziata dall’innocente gioco di alcuni poveri fanciulli tra uno sterminato campo di grano “accarezzato da un dolce e piacevole vento”e che sarà la scena unica, predominante e coinvolgente dei fatti fino alla fine; un campo di grano lavorato e sudato in una terra di latifondo. Una storia dalla strumentalizzazione sospesa in momenti d’ansia, d’amore e di terrori. Una pagina drammaticamente bella, dalle intense sollecitazioni, col recupero di valori mai traditi. Un racconto – poesia della libertà, in mezzo ai dolori e alle amarezze di una piccola comunità alla periferia del mondo. È un breve percorso dal piglio veristico e talvolta venato di scanzonata ironia dentro un mondo che è espressione di bisogni profondi, dove si ricerca il messaggio della solidarietà  e si attenua, almeno per un po’, la malattia della solitudine e della miseria. Un romanzo, insomma che è anche piacevole per la vivacità di confronti e di colloqui. È il primo libro che si pone nello scaffale di questo giovane scrittore calabrese non del tutto nuovo a successi ed encomi per la sua attività letteraria, padrone come è, scrive il giornalista Nando Scarmozzino, di “un’ottima sintassi [che] fa da collante mirabile al racconto dei fatti”. La storia edita dall’Adhoc di Vibo Valentia è “L’odore del grano”, l’opera prima, appunto, di Vincenzo Idà, da Soriano Calabro, un giovane scrittore dalla “sconfinata e innata fantasia, un gran senso dell’ironia ed una grande sensibilità d’animo che spesso si traduce in poesia”, come ha scritto qualcuno. Idà scrittore e poeta in continua evoluzione e maturazione come lo dimostrano una silloge poetica ancora inedita ed un altro romanzo in cantiere. Leggendolo, tutto di un fiato, “L’odore del grano” ci prende sottobraccio, ci avvia all’approfondimento della sua spazialità problematica e si esalta per la centralità strategica di un mondo che vive ogni giorno nei rapporti con gli altri. Il racconto nasce e si svolge attorno ad un sorprendente ed inimmaginabile lupo mannaro la cui identità sarà rivelata, come in un perfetto giallo, solo alla fine. E però, scrive ancora Scarmozzino, “attorno si intrecciano tanti episodi i cui protagonisti: il medico del paese (la società civile); il maresciallo dei carabinieri (l’importanza delle forze dell’ordine); il barone (la superbia e la prevaricazione); la donna vittima della violenza (la fragilità del tessuto sociale); il giovane eroe( la forza della reazione) e il parroco (la forza della fede), umanamente un Don Abbondio, quest’ultimo, ma non troppo perché tanto forte da diventare il protettore del suo popolo. Una piccola folla di essere amati, vicini e vivi, tanto che si può con essi celiare dolcemente, dialogare, scherzare, prendersi alla berlina e ne vien fuori una vivace rivisitazione delle tradizioni popolari, degli usi e dei costumi che manifestano, come in ogni misero e lontano borgo, amicizia, solidarietà e, perché no, anche piccoli rancori mai del tutto sopiti. Il libro racconta la vita, l’amore, i sentimenti umani, con pagine di vera vena poetica e con una narrazione che fanno di Vincenzo Idà uno scrittore attento, scrupoloso e completo. Al postutto, è cosa buona e giusta il patrocinio offerto dall’Amministrazione Comunale di Soriano Calabro alla fatica letteraria di Vincenzo Idà, una bella e accattivante penna per essere giovane e i giovani talenti vanno incoraggiati, così le nostre comunità cresceranno sempre più perché queste non hanno bisogno di canzonette o sagre senza storia!