Napolitano si scaglia contro la Procura di Palermo

“Intercettazioni lesive per prerogative del Capo dello Stato”. Alla decisione di sollevare il conflitto di attribuzione con Palermo, Napolitano è pervenuto, ispirandosi all’insegnamento di Einaudi, per “evitare”, cita, precedenti “grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà” previste dalla Costituzione. “Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – si legge in una nota – ha oggi affidato all’Avvocato Generale dello Stato l’incarico di rappresentare la Presidenza della Repubblica nel giudizio per conflitto di attribuzione da sollevare dinanzi alla Corte Costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo per le decisioni che questa ha assunto su intercettazioni di conversazioni telefoniche del Capo dello Stato; decisioni che il Presidente ha considerato, anche se riferite a intercettazioni indirette, lesive di prerogative attribuitegli dalla Costituzione”.

“Alla determinazione di sollevare il confitto – prosegue la nota – il Presidente Napolitano è pervenuto ritenendo “dovere del Presidente della Repubblica”, secondo l’insegnamento di Luigi Einaudi, “evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell’occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuisce”. Lo rende noto un comunicato del Quirinale.

Nei giorni scorso l’Avvocatura dello Stato di Roma aveva chiesto al procuratore della Repubblica di Palermo Francesco Messineo chiarimenti sulle intercettazioni di conversazioni tral’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino e il capo dello Stato Giorgio Napolitano che sarebbero state “captate” nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia.  Il capo della Procura risponderà dopo avere ricevuto le controdeduzioni di uno dei sostituti che indagano sulla trattativa, il pm Nino Di Matteo che in un’intervista aveva sostenuto che “negli atti depositati non c’é traccia di conversazioni del Capo dello Stato e questo significa che non sono minimamente rilevanti”.

“Quelle che dovranno essere distrutte con l’instaurazione di un procedimento davanti al gip – aveva aggiunto – saranno distrutte, quelle che riguardano altri fatti da sviluppare, saranno utilizzate in altri procedimenti”. Le conversazioni sarebbero state intercettate indirettamente visto che ad essere sotto controllo era il telefono dell’ex ministro Mancino, indagato nell’ambito del procedimento per falsa testimonianza. Sono state invece depositate le conversazioni tra l’ex capo del Viminale e il consigliere giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio.