Zaccanopoli, Alma Tellus per difendere la salute e l’ambiente

Salute, ambiente, cibo, cultura e sviluppo della ruralità locale, sono stati i temi al centro della serata in cui è stata presentata l’associazione culturale Alma Tellus. Inattesa la partecipazione di tanti cittadini (tra cui esponenti del Forum delle associazioni e della Delegazione Vibonese di Italia Nostra), a testimonianza di una rinnovata sensibilità verso i valori millenari della civiltà contadina che hanno ispirato i principi statutari dell’associazione. Tra i suoi fondatori sono molti coloro che provengono da varie realtà territoriali, ma anche tedeschi e polacchi. A caratterizzare l’iniziativa la presentazione del volume “Avvelenati” da parte di Manuela Iatì, giornalista e scrittrice, che insieme a Giuseppe Baldassarro, ha scritto questo libro-inchiesta per fare luce sul traffico dei rifiuti tossici che hanno “avvelenato” non solola Calabria, ma anche il futuro delle nuove generazioni e la stessa verità, un filo rosso che lega il mistero delle navi dei veleni al business del nucleare, con sullo sfondo l’omicidio di Ilaria Alpi e l’intreccio tra criminalità organizzata e pezzi deviati dello Stato. Infine i presenti hanno gustato i prodotti offerti dagli associati Alma Tellus e preparati dalla famiglia Pungitore, ristoratori locali.

A introdurre e presentare le finalità associative i promotori di Alma Tellus, Nicola Rombolà, Francesco Brosio e Stefania Barillaro, i quali hanno spiegato l’importanza, il bisogno umano e spirituale e la necessità storica di riscoprire gli antichi valori sia materiali che etici, che hanno per millenni permeato e retto la civiltà contadina sul territorio. In particolare Rombolà ha richiamato quanto Giuseppe Berto aveva scritto 40 anni addietro sul “Resto del Carlino” nel famoso articolo La ricchezza della povertà, quando avverte che  “la conoscenza dell’alfabeto, se non diventa cultura, dà forza all’ignoranza, e la disponibilità dei mezzi rende più potente il disonesto” al contrario della “grandissima onestà e nobiltà d’animo popolare, quasi una sacralità che la gente esprimeva  nel parlare, nel coltivare un campo, nel costruire un muro o una casa”; per cui “la povertà degli antenati finalmente diventava ricchezza per i posteri” ma che i calabresi “si sono messi con grande energia e determinazione a distruggerla”. Di fronte a questo disastro, i cui effetti si toccano con mano nella crisi economica attuale che è soprattutto di valori etici e spirituali, di fronte all’inquinamento dell’ambiente e delle coscienze, ritornare a riscoprire l’autenticità, la spiritualità, l’onestà di chi lavora la terra, diventa un fattore di grande risveglio umano, morale e culturale, con un rilancio delle risorse che vengono prodotte sul territorio. L’auspicio, ha spiegato Brosio, è che si diffonda una nuova cultura, con un approccio che bandisca ogni trattamento chimico, al fine di garantire la qualità dei cibi e la salute dei cittadini. L’associazione infatti vuole mettere insieme persone che lavorano la terra secondo i principi dell’agricoltura naturale, e persone sensibili all’ambiente che vogliono nutrirsi attraverso un’alimentazione sana e naturale, con una ricaduta economica su scala territoriale, contro il devastante modello delle multinazionali e dei centri commerciali, che depredano il territorio di risorse umane e finanziarie, con prodotti trattati che sono nocivi alla salute dell’uomo, del territorio e del pianeta. Infatti lo spirito che anima l’associazione affonda le radici nell’etimologia di Alma Tellus (anima, spirito della terra); ed è a questa missione che si lega l’attività culturale, come la presentazione del libro “Avvelenati”.  Manuela Iatì, una giornalista che alla passione per il proprio lavoro ha associato una missione “ecologica” di responsabilità etica per cercare di fare luce e informare i cittadini su cosa c’è sotto la nostra terra e il nostro mare, attraverso il lucro dei traffici dei rifiuti nucleari e tossici. La giornalista ha svelato la complicità dei cosiddetti colletti bianchi e di pezzi deviati dello Stato. Tutto ciò che muove questo traffico è sempre il profitto spregiudicato, con un danno incalcolabile all’ambiente e alla vita delle future generazioni. Una zona grigia, avrebbe detto Primo Levi, che non guarda in faccia nemmeno i propri figli, come mette in rilievo nella prefazione, Antonio Nicaso, affermando che “neanche i cani sporcano la cuccia dove dormono, ma i mafiosi lo fanno”. Uno scenario a dir poco allarmante, che pone un drammatico interrogativo (come dimostra il caso della fornace “Tranquilla” di San Calogero, dove sono state depositate 135 mila tonnellate di rifiuti tossici, con la complicità dei dirigenti dell’Enel e delle istituzioni): di fronte ai tanti veleni che hanno intossicato il futuro di questa terra, il cittadino comune che cosa può fare? Una questione su cui è intervenuto con passione civile don Francesco Pontoriero (parrocchia San Nicola- Calimera, associato Alma Tellus), che ha denunciato l’abbandono della nostra terra da parte dello Stato, lasciando libero campo agli uomini al servizio del male e dell’ingiustizia. Un saluto è stato rivolto anche dal sindaco di Zaccanopoli Pasquale Caparra, elogiando l’iniziativa.