Catania da malasanità, invalido gravemente malato costretto a cure domiciliari

Il diritto alla salute in Italia sembra diventato un vero e proprio “lusso”. Abbiamo raccolto la “storia” riportataci in esclusiva dal Coordinamento etico nazionale Caregivers, che vi proponiamo per come è giunta in redazione, senza bisogno di commento alcuno.

“Il fatto è accaduto lo scorso 30 dicembre 2011 a Catania, soggetto della disavventura un invalido disabile gravemente malato e non autosufficiente, ricoverato presso la Clinica Basile (gestione Tigano) per il quale i familiari avevano richiesto la “dimissione protetta” all’Azienda Sanitaria Provinciale di Catania, in applicazione delle leggi vigenti e dei livelli essenziali di assistenza che danno il diritto di cura e riabilitazione per tutte le categorie di malati. Le decisioni intraprese dall’Asp3 non sono mai state comunicate ufficialmente ai familiari, che non hanno quindi potuto provvedere alla tutela del congiunto sulla base del suo decorso clinico, rimanendo però evidente che il disabile necessita di una struttura specialistica idonea che sinora non è mai riuscito ad ottenere in oltre dieci anni di malattia che lo affliggono e che hanno ridotto al minimo le condizioni di vita della famiglia con rilevanti danni esistenziali.

Sembra che la sanità a volte sia inserita in un contesto a senso unico dove l’applicazione dei diritti costituzionali e della legislazione nazionale è solo carta scritta che non trova applicazione, rendendo sempre più difficoltoso il percorso di cure garantite nei confronti di chi invece di ottenerne i benefici ne deve sopportare oneri evitabili.

L’umiliazione giunge al top quando i familiari vengono avvertiti per telefono dai Carabinieri che li “invitano“ a recarsi al domicilio a prendersi cura del congiunto, già prelevato a forza dalla propria stanza di degenza, e contro la sua volontà, dal personale della clinica, come un pacco postale, con una ambulanza. A nulla sono valse le questioni di diritto poste in essere e le difficoltà oggettive riferite dai familiari ai medici della clinica e ai militari; nemmeno la richiamata illegittimità dell’azione messa in atto, invocata in forza dell’applicazione delle leggi che garantiscono la continuità assistenziale nella dimissione protetta, che comporta a sua volta il trasferimento del paziente in idonea struttura sanitaria. L’atto barbarico viene consumato egualmente.

L’abitazione dei familiari è inidonea strutturalmente per assistere il congiunto che non deambula autonomamente e per di più non è resa agevole per presenza di barriere architettoniche che non tengono conto delle esigenze del malato e della sua sicurezza e mobilità. Inutile sottolineare lo stato psicofisico dei familiari che dalla vicenda ne escono distrutti. Ma è possibile che sono e sempre gli ammalati e le loro famiglie a subire violenze in barba alle norme vigenti, addirittura con il gravissimo supporto della Benemerita?

Non ci risulta infatti che una clinica possa richiedere l’intervento delle Forze dell’ordine per una dimissione ospedaliera forzata ed illegale, stante la legislazione vigente, per lo più su un invalido non autosufficiente. Ma come dicevamo prima, capita e non di rado che la legge e le garanzie dei cittadini vanno a senso unico e in questo caso non sono andate per il verso naturalmente giusto. Spesso sentiamo parlare ipocritamente delle iniziative volte a promuovere l’emarginazione sociale delle famiglie lasciate sole a compiti di assistenza altamente onerosi e talvolta con esiti infausti, ma nel concreto nessuno muove un dito, nonostante le garanzie costituzionali. Sono migliaia i nuclei familiari che danno le cure ai congiunti piangendo un costo sociale e umano rilevante in sostituzione dei compiti spettanti al Servizio sanitario nazionale.

I Caregivers (letteralmente donatori di cura) sono infatti i familiari che si dedicano ai congiunti perdendo almeno 10 anni di aspettativa di vita, il lavoro, la vita privata, corrono il rischio di ammalarsi o di cedere per sempre. In definitiva la gravità e l’etica del gesto perpetrato su soggetti già colpiti dalla disgrazia mette in evidenza da sé il contesto in cui viviamo. Sotto l’albero del Santo Natale un gesto cosi caldo e umano non poteva mancare, come dire che non sempre tutti sono più buoni una volta l’anno e nemmeno alla vigilia dell’anno nuovo. Auguri di buon 2012 con la speranza che la giustizia possa garantire il diritto alla salute nei confronti dei più deboli e i valori umani prevalgano verso chi soffre”.