Ricordati di salvare l’Italia

È già partita, in questi giorni e si protrarrà fino alla fine di ottobre la campagna di sensibilizzazione “Ricordati di salvare l’Italia” voluta dal Fai al fine di sensibilizzare gli Italiani e non solo a salvare l’Italia, il paesaggio, l’arte e i monumenti. Fra gli obiettivi dichiarati vi è quello di spronare i politici insensibili perché, come hanno detto i responsabili dell’Associazione, “parlando di sviluppo, in questi giorni di crisi, nessuno ha citato una politica di tutela dei beni culturali”.

L’Italia, fra le terre del vecchio Continente emerse dall’intero pianeta terracqueo, possiede un invadibile tesoro in opere d’arte e beni culturali in genere che ne fanno un giusto motivo di orgoglio nazionale. Inoltre l’Italia è il Belpaese anche per le sue bellezze naturali, la maestosità delle montagne, le ricche e antiche colline, passando per il verde dei suoi parchi ed in ultimo, ma non ultimo, le migliaia di chilometri di coste e il mare. È un patrimonio che ci ha tramandati millenni di storia, un’eredità che si è andata accumulando man mano che le varie culture passavano attraverso la nostra penisola impreziosendola di opere e apportandovi vitali spazi di conoscenze nuove.

Il nostro Paese ha conosciuto ed assorbito, prima di altre, nell’area meridionale, la cultura greca e magnogreca e, successivamente, in tutta la sua estensione, quella romana fino al V sec; poi l’invasione dei Normanni che tanto bene e lustro portarono in Sicilia, Puglia e Calabria dove posero la loro capitale politica e strategica a Mileto e contribuirono all’edificazione della Certosa di Serra San Bruno fondata da san Bruno di Colonia e voluta, perché no, da Ruggero duca normanno appunto; quindi i Longobardi e lo splendore dei Bizantini e degli Svevi; via via fino al Rinascimento e alle Signorie e alla Restaurazione del 1815 e fino all’assetto repubblicano del 1946.

Di pari passo si è accumulata l’arte. Fino al II sec. quella romana era andata affinandosi continuamente. Ma in seguito comincia la decadenza, ovvero il progressivo abbandono delle formule classiche. Con il IV e il V sec. le opere più significative sono ormai quelle paleocristiane: chiese a pianta centrale, sarcofagi, affreschi e mosaici; significativi sono gli influssi orientali con l’avvento dei Bizantini che innestano un peculiare stile: basta vedere Ravenna e le nostre Rossano, Stilo,  Gerace e Santa Severina.

Nell’VIII sec. i centri del potere longobardo (Monza, Spoleto ed altre) si arricchiscono di cospicue opere d’arte, soprattutto l’arte dei metalli preziosi e degli malti. Agli albori del Duecento si diffonde il Gotico: dapprima attraverso le abbazie cistercensi (tra le tante, la nostra della Sambucina di Luzzi), poi con le chiese degli Ordini Mendicanti (San Francesco d’Assisi, Santa Maria Novella e Santa Croce di Firenze) e nel secolo seguente le cattedrali di Orvieto, Siena e Milano. Si assiste al formarsi della grande pittura italiana con Giotto e Cimabue su tutti. La fioritura artistica, tuttavia non si arena qui. Verranno Donatello, Giovan Battista Alberti, Leonardo, Michelangelo, Antonello da Messina e il Tintoretto, Bramante, ma anche le forti personalità del Caravaggio e del Bernini e via via tanti, tantissimi altri fino ai nostri giorni. Nel dopoguerra s’impone la metafisica del De Chirico, Carrà e Morandi. Senza tralasciare di ricordare, nel frattempo, i tanti artisti e artigiani napoletani e meridionali in genere che hanno lasciato opere imponenti nei nostri piccoli paesi di Calabria: Santa Severina, Gerace, Serra San Bruno, Umbriatico, Soriano, Tropea, Crotone, Rossano, Bisignano, Badolato, Seminara, Mileto, Nicotera, Lungro, Cirò, Corigliano, Vibo, Cosenza, Squillace ed altri.

E non dico dell’enorme patrimonio letterario da Dante in poi, dalle Alpi alle Madonie. Migliaia di testimonianze in tutto lo scibile umano. Epoche e uomini che hanno lasciato un patrimonio che va ben oltre il valore umanistico, pur notevole. Grazie a loro, oggi il nostro Paese si ritrova arricchito enormemente di opere culturali di ampio respiro. L’Italia ha tutto questo incastonato in una scenografia naturale stimata, a ragione, fra le più belle del mondo. E però, l’indifferenza amministrativa e la pochezza del nostro senso della proprietà e dell’appartenenza rischiano di non salvaguardare, come  si dovrebbe, tutto questo.. Insomma sono molte le opere artistiche, monumentali ed umanistiche che formano il nostro patrimonio non perfettamente al sicuro dalle insidie del tempo (area archeologica di Pompei), dell’inquinamento e del vandalismo. La tutela dei Beni culturali dev’essere intesa come vera e propria tutela di una nazione e in questo senso si può prevedere un buon futuro.