Reggini orfani e morti di fame

Diceva mio padre, “Noi reggini siamo orfani  e morti di fame, se faranno il ponte non saremo più orfani, ma saremo ancora più morti di fame di prima” abbiamo respirato acqua salata e nafta attraversando lo stretto sui ferryboat, andando e venendo da Messina, l’altra parte della città di Reggio Calabria sull’altra sponda, ci sentivamo italiani andando e siciliani tornando, alla fine qualcuno l’odiava quel tratto di mare. Eppure a me questo mare stretto tra due sponde piace moltissimo, mi è sempre piaciuto sin da quando ero bambino, quando mio padre che era libero dal servizio (lavorava sui ferryboat), mi portava con la barca là in mezzo al canale dove il mare è più mare e a guardare le sponde sembrava di essere in mezzo a un grande oceano. Quante volte sognavo di passarlo volandoci sopra come una rondine, per guardarlo dall’alto, per confondermi tra i suoi riverberi argentei; a me questo mare pare sia un bel dono di Dio.  Ma no mio padre che soffriva sullo stretto e odiava quei traghetti che gli avevano procurato l’ulcera. Eppure noi non avevamo capito in quei tempi quanto uguali fossero Scilla e Cariddi, quanto sorelle fossero, nessuno mai aveva pensato e capito che parlare di Messina era come parlare di Reggio, che fossero una sola città divisa da un bellissimo tratto di mare che forse le unisce come non mai. Lo stretto di Messina dunque altro non è che un mondo a se, dove l’uomo si misura con il pescespada, ma è anche il mito, l’onore e il disonore, è un film di Monicelli, un punto fuori dal tempo, un punto senza sconvolgimenti dove ogni cosa si conserva, e si tramanda. E’ un luogo di magia ove si mescolano colori ed essenze, passato e futuro, speranze. Ma stretto di Messina significa anche miseria,criminalità,terremoto, marginalità; incapacità dell’ammettere la sconfitta morale ( la peggiore) ma anche di quel piccolo mare unico e geniale, romantico, umano. E’ anche inefficienza, sottosviluppo, degrado; cose che il ponte certo non risolverà, anzi accadrà l’esattamente contrario.  Ora quel ponte lo vogliono fare davvero e mi domando perché?  A cosa servirebbe, o a chi serve ? Lo vedo già fatto con la sua perenne ombra proiettata su una striscia di mare e provo sconcerto. Oggi senza il ponte sia Messina che Reggio soffrono di una pesante crisi e immaginarsi domani, quando ci sarà quel ponte chi si fermerà in queste città?  Forse bisognerà pensare che per dare l’opportunità di un lavoro vero sarebbe bastato riorganizzare il porto di Reggio Calabria, ampliandolo e modificandolo pure, creare nuove rotte verso il centro ed il nord, una nuova flotta commerciale; piuttosto che il ponte e proprio su una terra ballerina. Fare a Villa San Giovanni, dell’attuale piazzola d’imbarco ora una spianata di cemento e di imprecazioni, di sudore, un luogo coperto e fresco per non far perdere la magia della traversata, l’odore degli arancini caldi, delle pignolate e le fresche granite!