La vecchia nomenclatura di Al Qaeda inizia a cadere sotto i colpi della comunità internazionale impegnata nella lotta al terrorismo

E’ stato ucciso da un Drone USA Anwar al Awlaki, leader della cellula di Al Qaeda radicata nello Yemen. Anwar con la doppia cittadinanza, americana e yemenita, era responsabile dell’edizione in lingua inglese della rivista “Inspire”, diffusa nelle penisola arabica e di chiara inspirazione jihadista. Al Awalagi rappresentava, inoltre, come condiviso da molti analisti, il “credo operativo” di Osama ed era insieme all’egiziano Ayaman al Zawahiri l’obiettivo prioritario americano nel contrasto al terrorismo. Un Iman, un predicatore che attraverso i suoi sermoni chiamava alla jihad. Un terrorista operativo che aveva avuto un ruolo diretto nel falliti attacchi del 2010 tentati a New York ed ideatore dei pacchi esplosivi inviati a sinagoghe canadesi ed intercettati in Europa ed a Dubai. Un fanatico estremista che ha vissuto negli USA dove si era laureato in ingegneria presso l’Università del Colorado e forse già agente segreto di Al Qaeda in America molti anni prima dell’11 settembre. All’inizio della settimana nella provincia afgana di Paktia è stato catturato Haji Mali Khna, religioso fondamentalista e figura di spicco della famosa rete Haqqani, costituita da gruppi fondamentalisti vicini alle fazioni talebane pakistane estremiste, i “Tarek e Talibani Pakistani”. Un fanatico simpatizzante anche della “sura” di Quetta che fa riferimento al latitante Mullah Omar, sospettato altresì di aver partecipato alla recente uccisione di Rabbani. Un omicidio, deciso con lo scopo di indurre Karzai a desistere da una soluzione di pace solo afgana e che escludesse il Pakistan, accusato di favorire attraverso la propria struttura di Intelligence (ISI) la struttura di Haqqani posizionata nelle Aree Tribali pakistane ai confini con l’Afghanistan nel nord Waziristan. Un Pakistan che dopo l’uccisione di Bin Laden è stato additato dagli USA come un alleato poco affidabile e che invece vuole ricavarsi un ruolo importante nel processo di pace in Afghansitan per impedire un inserimento dell’India , della Cina e dell’Iran. L’eliminazione di due importanti figure della vecchia nomenclatura di Al Qaeda potrebbero indurre a pensare che ci si avvia verso un definitivo successo contro la lotta al terrorismo internazionale, ma in questi casi l’ottimismo potrebbe essere un cattivo consigliere. Quanto sta accadendo in Afghanistan non permette, infatti, di ben sperare. Importanti fatti eversivi concentrati nel mese di settembre, come accaduto l’11 settembre con un attacco terroristico ad Herat che ha provocato oltre 30 morti. Evento seguito il 14 settembre dall’attacco di 20 ore a Kabul con obiettivo l’Ambasciata USA ed il Comando della NATO ed il 20 settembre dall’assassinio di Rabbani , Presidente dell’Alto Consiglio afgano per la pace. L’eliminazione dei due personaggi di spicco di Al Qaeda non significa, dunque, la decapitazione della struttura terroristica che, invece, può fare riferimento ancora a leader di spicco. L’organizzazione è, infatti, tuttora strutturata in tre branche ben definite. La componente finanziaria che dopo l’uccisione nel 2010 di Said al Masr non ha ancora un leader. Il braccio militare con al vertice Saif al Adel responsabile in passato dell’addestramento militare e dell’intelligence di Al Qaeda e dei membri egiziani della Jihad in Afghansitan. La branca delle comunicazioni affidata a Suliman Abu al Ghayth, venuto alla ribalta in occasione della Prima Guerra del Golfo per i proclami contro Saddam Hussein a favore dei kuwatiani. A costoro si aggiungono i responsabili delle cellule sparse nel mondo, in particolare in Africa e nello Yemen. Fahd al Quso pronto a prendere il posto di Al Awlari ucciso in Yemen. Quso è fra i terroristi più ricercati dalla FBI e dall’Interpool ed è affiliato alle cellule di Al Qaeda presenti nella penisola araba (AQAP). Abu Masab Abdel Wudud già leader dei quadesti algerini ed ora coordinatore di Al Qaeda attiva in Africa nel Maghreb mussulmano (AQMI). Ibrahim al Afgani alla guida degli Shahab operativi in Somalia e nello Yemen, molto vicini ai pirati che nel Golfo di Aden attaccano i traffici commerciali. Personaggi che nel tempo e per diverse circostanze sono stati protagonisti essenziali di vicende storiche che hanno caratterizzato il terrorismo internazionale. Al Qaeda, dunque, come “entità politica terroristica” è ancora in grado di colpire ricorrendo al coordinamento di potenziali terroristi di seconda generazione. Giovani, ora ventenni, cresciuti nelle società occidentali e studenti modello delle università europee e statunitensi come lo era Al Awlaki laureato in ingegneria presso il Colorado Institute o l’ultimo fondamentalista mussulmano americano, arrestato a Boston mentre costruiva aeromodelli imbottiti di esplosivo, piccoli Drone per compiere attentati. Molti di costoro potrebbero rappresentare una minaccia difficilmente da connotare in quanto attuata da “jihadisti freelance”, fuori dal controllo della “Casa Madre”, ma pronti ad intervenire, spinti anche solo da motivazioni emotive. Al Qaeda nella vecchi accezione della parola è anche destinata a scomparire, ma potenzialmente il soggetto politico eversivo sarà ancora in grado di alimentare la proliferazione terroristica, che esiste e che non può essere negata né tantomeno sottovalutata.