Da Lamezia Terme a Gioia Tauro la Calabria teme la guerra di mafia

Freddato nella sua masseria Francesco Giovinazzo a Rosarno (RC). Contro il  genero di Giuseppe Pesce sono stati esplosi quattro colpi di pistola in pieno giorno. Giuseppe Pesce, esponente di spicco dell’omonima cosca, è deceduto per cause naturali lo scorso anno. Mentre il genero, Giovinazzo, già noto alle forze dell’ordine, nel 2002 era scampato ad un agguato, salvandosi solo perché indossava un giubbotto antiproiettili. Il 31enne, legato alla cosca Pesce, era stato indagato nell’ambito delle operazioni “All Inside” e “All Inside2”, proprio contro il clan Pesce. E’ il sette luglio 2011 a Lamezia Terme (CZ). Ammazzato Francesco Torcasio in pieno centro cittadino. Torcasio aveva solo vent’anni ed era figlio di Vincenzo, ucciso un mese fa. Dietro questi due omicidi si muove ancora lo spettro di una storica guerra di mafia fra due cosche di Lamezia: quella del Giampà e quella dei Torcasio. Una lunga scia di sangue che ha raggiunto il culmine tra il 2000 e il 2004, quando la famiglia Giampà decise di azzerare la cosca rivale dei Torcasio, per avere il dominio del territorio. Vincenzo Torcasio venne ucciso un mese fa mentre assisteva ad una partita di calcio della squadra amatoriale che allenava. Il corpo senza vita di un uomo di 34 anni è stato trovato all’interno di un ex zuccherificio nel quartiere di San’Eufemia, a Lamezia Terme. Un’amica dell’uomo, colombiana, è stata invece violentata nello stesso stabile da un cittadino romeno, probabilmente con l’aiuto di un’altra donna che era in compagnia dello stupratore, già fermato dai carabinieri. Il 34enne, anche lui di nazionalità colombiana, secondo gli investigatori, sarebbe morto per cause naturali. Non sono stati rinvenuti segni di violenza sul corpo. Alla base del decesso, pertanto, potrebbe esserci un semplice malore o una overdose. Si aspetta l’esito dell’autopsia. E’ l’otto luglio a Gioia Tauro (RC). Vincenzo Priolo (29 anni), è stato ucciso in un agguato questa mattina a Gioia Tauro, sulla statale 111, vicino ad un passaggio a livello. Priolo stava per salire a bordo della sua automobile quando è stato freddato da almeno due colpi di pistola. Subito dopo è stato trasportato in ospedale già in fin di vita, le pistolettate gli sono state fatali, raggiungendolo alla testa e all’addome. Il giovane non aveva precedenti penali ma non era un volto nuovo per le forze dell’ordine. Nel 2008, infatti, era stato coinvolto nell’operazione “Cento anni di storia”, contro la cosca Piromalli-Molè. Era comunque stato assolto. Una sequenza di storie raccapriccianti. Protagonista, almeno in tre dei fatti accaduti in Calabria in soli due giorni, la ‘ndrangheta. Spietata e violenta. Quella che spara ai propri oppositori e semina un clima di terrore indescrivibile. Lo scenario di questi delitti è inquietante. Nessuno di loro sembra essere collegato con l’altro. Francesco Giovinazzo, secondo quanto si legge nelle pagine del decreto di fermo della Dda reggina nell’operazione “All Inside”, risulterebbe avere svolto “funzioni operative per conto della cosca Pesce, partecipando a svariati reati consumati unitamente ad altri sodali, sia in funzione di approvvigionamento economico, sia in funzione alla consumazione di specifici fatti di sangue”. Fra le altre cose, Giovinazzo, è stato protagonista di un fatto di sangue insieme ad Antonino Pesce: il tentato omicidio, l’1 settembre del 2002, nei confronti di Christian Iacono e Domenico Gallo. Secondo gli inquirenti fu questo il motivo per cui l’uomo diventò il bersaglio durante un agguato da cui uscì vivo per miracolo. Il tentato omicidio, sempre secondo gli inquirenti, sarebbe stato compiuto da Vincenzo Ascone, Umberto Bellocco, Antonino Gallo e Pietro Giuseppe Bellocco. Il nome di Giovinazzo è stato associato ad un altro fatto di sangue: l’omicidio di Domenico Ascone, a prova dell’autorità di Giovinazzo all’interno della cosca. Per questo motivo, per quanto riguarda il movente dell’omicidio, l’ipotesi più accreditata è che si tratti di una vendetta maturata negli ambienti della criminalità organizzata. Per quanto riguarda l’omicidio Priolo, che è parente di Mommo Piromalli, si pensa a vendette di ‘ndrangheta, anche se al momento non si escludono altre piste. Lo scenario lametino è ancor più preoccupante perché si teme che altro sangue venga versato in una lotta fra due cosche che pare interminabile. Nonostante gli arresti eccellenti di cui si fregia il governo, in questa regione ancora la mafia spara in pieno centro e in pieno giorno, senza curarsi di nessuno, pur di portare a termine il piano criminale e mantenere l’onore e il controllo indiscusso del territorio.