Fini, abbandonato da tutti anche dalla Napoli e da Granata che scelgono l’Idv

Futuro e libertà non c’è più. Tutti in fuga verso il centrodestra. Pezzi di Futuro e libertà in transito pure verso il centrosinistra. Il punto di partenza è che il partitino di Gianfranco Fini, a dar retta alle voci che rimbalzano a Montecitorio, è in salute come i conti pubblici del Portogallo: l’ampiezza di respiro dell’operazione terzo polista è quella che è, e in diversi settori di FLI si inizia a guardare al futuro con una certa apprensione. Da una parte c’è il gruppo delle colombe, capitanato dagli ex membri del governo Adolfo Urso ed Andrea Ronchi e che conta adesioni del calibro di Egidio Digilio, Carmine Patarino, Pippo Scalia e – raccontano – lo storico braccio destro di Fini, persino Francesco Cosimi Proietti. A costoro il passaggio all’opposizione non è mai parso una grande idea, e che Urso e Ronchi siano da tempo tentati a tornare sui propri passi non è più nemmeno una notizia. Ad accelerare il processo, tuttavia, è intervenuta la nomina di Angelino Alfano a segretario del PdL. I rapporti del Guardasigilli con l’anima più dialogante di FLI sono tradizionalmente buoni, ed il Ministro agrigentino è l’interlocutore più efficace a disposizione. Non a caso, negli ultimi giorni Urso è tornato a vagheggiare l’idea di un nuovo centrodestra allargato anche a FLI e Udc. Curva diversa, stessi movimenti. Perché se le colombe sono in sofferenza, i falchi non se la passano meglio. Costretti a tenere a bada i propri ardori in nome della realpolitik e dell’equidistanza terza forzista, i duri di FLI iniziano a spazientirsi. La connessione sentimentale con la piazza – reale e telematica – grazie alla quale nei mesi scorsi si erano imposti come l’avanguardia moralizzatrice della politica va scemando, giornali e tv iniziano a telefonare meno spesso per farsi dire che Berlusconi è amico dei boss, il momentum è in calo. E allora ci si guarda intorno, alla ricerca di approdi più consoni. I nomi più ricorrenti nelle cronache di RadioPalazzo sono quelli di Fabio Granata, massima icona della via giudiziaria al finismo, e quello della pasionaria Angela Napoli, i cui spazi di agibilità politica nella Calabria di Giuseppe Scopelliti sono andati assai riducendosi nell’ultimo periodo. E dove starebbero guardando Napoli e Granata? All’Italia dei valori. Quanto a piattaforma programmatica e fascinazione per la giustizia spiccia, il partito di Antonio Di Pietro per i due (che anche sui referendum appoggiano la linea dipietrista dei quattro sì) è quanto di meglio in circolazione, ed è fuor di dubbio che a trarre giovamento dall’operazione sarebbero tanto i due transfughi quanto lo stesso Tonino, cui due nuovi acquisti con relativa dote di preferenze tornerebbero parecchio utili nel presente momento di vacche sottopeso. La trattativa, giurano, è avviata. E c’è da aspettarsi qualche sorpresa.