Italia paga un tributo alto nelle missioni all’estero

Dopo avere confermato la morte di un casco blu italiano, lo Stato Maggiore della Difesa ha aggiornato il bilancio dell’esplosione che ha investito un mezzo di Unifil II, la missione Onu in Libano, sulla superstrada che collega Beirut alla città portuale di Sidone (40 km a sud della capitale) nei pressi del fiume Awwali, lo stesso luogo in cui il 1 agosto 2008 fu compiuto un attentato dinamitardo contro i caschi blu irlandesi. Nella deflagrazione, dichiara il generale Massimo Fogari, portavoce dello Stato Maggiore, nessun militare ha perso la vita, sono rimasti feriti sei soldati italiani, di cui due in gravi condizioni. Più tardi, il portavoce della missione Unifil Andrea Tenenti ha annunciato che “nessun ferito rischia la vita”. Le famiglie dei sei soldati sono state avvisate. In alcuni casi, sono stati gli stessi militari a tranquillizzare i propri cari telefonicamente. Si tratta di quattro militari campani del reggimento di manovra della brigata logistica di proiezione di Persano (Salerno) e di due militari di origine pugliese del decimo reggimento Trasporti di Bari.  L’autocolonna investita dalla deflagrazione dell’ordigno stava tornando a Shama da Beirut. Lo Stato Maggiore italiano aveva inizialmente confermato la morte di un soldato, mentre la tv satellitare Al Arabya aveva parlato di due caschi blu italiani uccisi e altri cinque feriti. Secondo il sito di al-Manar, tv vicina al movimento sciita Hezbollah, vi sarebbero due feriti tra i civili. Una rotta, l’autostrada per Sidone, a sud del Libano, particolarmente trafficata. Anche per questo un portavoce delle forze di pace parla espressamente di attentato: il mezzo militare era un obiettivo e l’esplosione è avvenuta in occasione della giornata che l’Onu ha dedicato alla commemorazione dei suoi peacekeeper morti in missione nel mondo. Il colonnello Lorenzo Cucciniello, rappresentate Unifil a Beirut, fa sapere che “al momento nessun gruppo ha rivendicato l’attentato” e che a tutti i contingenti presenti in Libano è stato trasmesso “un comunicato in cui si dispone di non lasciare le basi militari”. L’ambasciatore italiano a Beirut, Giuseppe Morabito: “Attentato che stupisce, il contingente italiano, tutti mi dicono, è il più amato tra quelli del sud del Libano”. Secondo un esperto libanese, che preferisce restare anonimo, l’attentato potrebbe essere invece una risposta alla linea assunta dal vertice del G8 sul Medio Oriente e la Primavera araba. Al summit di Deauville i leader degli Otto hanno approvato un fondo per le nuove democrazie in Nordafrica e Medio Oriente e hanno esortato il presidente siriano, Bashar al-Assad, ad ascoltare “le legittime richieste di libertà” che vengono dal suo popolo. Nei confronti del regime di Damasco sono state minacciate “ulteriori misure” se non verranno avviate le riforme. Nel sud del Libano è forte la presenza di Hezbollah, il movimento sciita libanese molto vicino al regime siriano che nei giorni scorsi ha esortato i siriani a sostenere Assad. Ma proprio Hezbollah, qualche ora dopo l’attentato, ha condannato l’agguato contro i militari italiani di Unifil con “sgomento, dolore e rabbia”, come afferma all’Agi il ministro degli Esteri del movimento sciita, Ali Daghmush, e dal portavoce Ibrahim al Moussawi. Hezbollah ha fatto presente di non avere sotto controllo l’area nella quale è avvenuto l’attentato. L’Italia, hanno aggiunto gli esponenti del movimento, “ha contribuito alla pace e alla stabilità nel sud, e ha protetto i cittadini che vi vivono”. L’Italia partecipa alla missione Unifil II con un contingente militare che, compresa la componente navale, vede schierati 1.780 militari ed è denominato in ambito nazionale Operazione “Leonte”. La Brigata Meccanizzata “Aosta”, comandata dal Generale di Brigata Gualtiero Mario De Cicco è subentrata il 9 maggio alla Brigata Pozzuolo del Friuli. Il compito principale è garantire stabilità e sicurezza nell’area di responsabilità compresa tra il fiume Litani e la “Blue Line” e di prevenire ogni possibilità di ripresa delle ostilità tra le parti coinvolte nel conflitto dell’agosto del 2006. L’unico precedente di soldati italiani morti in Libano risale al 6 agosto del 1997. Durante un volo di addestramento notturno, un elicottero AB205 precipitò a causa dell’improvviso peggioramento delle condizioni meteorologiche. Morirono i capitani dell’Esercito Antonino Sgrò e Giuseppe Parisi, il maresciallo capo Massimo Gatti e l’appuntato dei Carabinieri Daniel Forner.