Vibo Valentia, attentato alla Standa

“Ogni qualvolta la criminalità manifesta spudoratamente, attraverso il suo braccio armato, l’intenzione di soggiogare ai suoi desideri un’attività imprenditoriale, vanificando anni di sacrifici e mettendo a repentaglio il lavoro del titolare e dei suoi dipendenti, ci si chiede se il malcapitato avrà la forza e la capacità economica di reagire riprendendo la sua attività oppure mollerà tutto, rassegnandosi all’ineluttabilità di un destino che l’ha visto nascere ed operare qui, dove appare che nulla cambia ed ove questo mai avviene, ciò accade con una lentezza troppo esasperante per poter essere avvertita. Vibo Valentia non è altro che un paesone, dove obiettivamente è difficile vivere, per poterlo fare bisogna avere grande capacità di sopportazione. I soprusi, le angherie, i furti legalizzati, le gomitate sono all’ordine del giorno, i servizi e la qualità della vita sono da terzo mondo e chi dovrebbe cambiare le cose sceglie di non guardarsi attorno e ci parla di un “giardino sul mare” che forse non è mai esistito. Non abbiamo potuto essere presenti alla Festa della Polizia perché impegnati fuori sede, ma abbiamo letto i resoconti di quanto è avvenuto, abbiamo letto di come attraverso nuove forme si è cercato di mandare uno stimolo alla collettività a svegliarsi,a raddrizzare la schiena perché c’è chi è pronto a raccogliere ogni richiesta d’aiuto ed a sostenerlo in una battaglia che appena è comunicata diventa comune e sicuramente vinta. E’ encomiabile l’impegno, soprattutto perché è sincero, ed è rivolto al cambiamento della mentalità dei vibonesi di coloro i quali guidano oggi la Prefettura, la Procura. La Questura, l’Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza, tutti non vibonesi che hanno perfettamente conosciuto e capito il territorio in cui essi stessi attualmente vivono, per questo nei loro ragionamenti, spesso pedagogici, si leggono messaggi che la collettività dovrebbe recepire. Invece no,facciamo finta di non capire, il messaggio ci diciamo,è rivolto sicuramente a qualcun altro, non a me. E così appare normale anche che qualche buontempone spari alle vetrate della Standa, con i lavoratori dentro, a cui và la nostra piena e convinta solidarietà, lì per guadagnarsi il pane e non alla guerra”. Lo scrive in una nota con tono di profonda amarezza Luciano Prestia, segretario provinciale della Uil che aggiunge: “E nessuno che accenna ad un minimo di reazione, in attesa di un’altra esplosione,incendio, tanto qui da noi si dice “amaru cui ‘ncappa”, affermazione molto cinica per che i problemi non sono i suoi e non lo riguardano. Ma è proprio così?”.