Il Patto del Nazzareno secondo il vangelo del TG1 della Rai. Ma in questo interregno del Patto Gentiloni, spunta la parabola del Re Travicello

Dopo il Patto Gentiloni puntualmente è stato riesumato il Patto del Nazzareno. Il palcoscenico d’eccezione  il TG1 Rai (domenica 15 gennaio alle ore 13.30). Come prima notizia il risveglio di Renzi dopo essere andato in letargo all’indomani del Referendum con una lunga e articolata intervista su Repubblica da parte dell’ex direttore Ezio Mauro, prontamente ripresa per le straordinarie profezie post Referendum e post Epifania. E nello stesso servizio, guarda caso, con grande tatto e acume giornalistico, la redazione ha avuto la felice intuizione di donare al popolo sovrano la buona novella: dopo l’apparizione del figlio anche quella del padre. Che combinazione miracolosa! Il figlio che era andato in sonno, si è risvegliato e il padre in soccorso lo ha preso in braccio.

il mostro della politica

Che cosa ha rivelato il fu Mattia Pascal? Che lapsus! Si tratta di Matteo Renzi, il fu presidente del Consiglio. Pirandello si presenta sempre con le sue maschere nude, compreso il finto suicidio del bibliotecario di Miragno, che dopo peregrinazioni per cambiare vita ritorna all’origine e si ritrova suo malgrado, a portare fiori sul suo “cenere muto”. La fervida mente di Pirandello non avrebbe mai potuto immaginare che l’Italia dei primi giorni del 2017, ad oltre un secolo e 13 anni dal suo romanzo, avesse offerto altri personaggi surreali al teatro grottesco-umoristico  italiano sulla crisi dell’identità che sta attraversando le magnifiche glorie italiche. Ci vorrebbe forse la musa di Ugo Foscolo a cesellare un altro carme per cantare i nuovi Sepolcri, questa volta molto imbiancati.

Tutto cambia per tornare come prima o peggio. In questo interregno adesso il cenere muto del Fu Matteo Renzi ricomincia a parlare ed emette nuovi versi onomatopeici cinguettando: “meno slide e più cuore”. Forse mentre era in sonno ha sognato San Francesco d’Assisi parlare agli uccelli: “Sirocchie mie uccelli, voi siete molte tenute a Dio vostro creatore, e sempre e in ogni luogo il dovere laudare, imperò che v’ha dato la libertà di volare in ogni luogo; anche v’ha dato il vestimento duplicato e triplicato; appresso, perché elli riserbò il seme di voi in nell’arca di Noè, acciò che la spezie vostra non venisse meno nel mondo; ancora gli siete tenute per lo elemento dell’aria che egli ha deputato a voi. Oltre questo, voi non seminate e non mietete, e Iddio vi pasce e davvi li fiumi e le fonti per lo vostro bere, e davvi li monti e le valli per vostro refugio, e gli alberi alti per fare i vostri nidi. E con ciò sia cosa che non sappiate filare né cucire, Iddio vi veste voi e li vostri figlioli. Onde molto v’ama il vostro Creatore, poi ch’egli vi dà tanti benefici; e però guardatevi, sirocchie mie, del peccato della ingratitudine, e sempre vi studiate di lodare Iddio”. E “santo Francesco con loro insieme si rallegrava e dilettava, e maravigliavasi tanto di tanta moltitudine d’uccelli e della loro bellissima varietà e della loro attenzione e famigliarità; per la qual cosa egli divotamente lodava il Creatore”. E di fronte al diluvio che si prefigura dopo i tanti peccati del popolo del NO, il Magnificus ha chiesto al padre Noè di Arcore, di costruire la nuova arca. E mamma Rai, in prima visione, ne fa l’annuncio, diventa la madrina.

Nelle sue parabole non è stato compreso, non è riuscito a comunicare il suo vangelo se il 60 per cento degli elettori ha detto NO al referendum. Eppure si era spiegato anche in inglese, ha inventato addirittura il Jobs act. Come mai il messaggio salvifico non è passato? Ma non aveva ingaggiato il guru della comunicazione Jim Messina?   – Che peccato! Le urne sono diventate taciturne nelle ore diurne e in quelle notturne! – Immaginiamo che stia meditando questo nuovo slogan in rima per le prossime mosse sulla scacchiera disegnata da Re Giorgio? E adesso l’alto servigio che il guru ha reso chi lo pagherà. No problem. Ci pensa la bella addormentata nei boschi dell’Etruria. Ora che è stata relegata come  Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ci penserà lei e la Banca Etruria a elargire i suoi risparmi. Persino Re Giorgio, dopo aver compiuto la sua alta missione, ha deciso, alla sua veneranda età, di cambiare vita ricordandosi di aver imposto agli italiani duri sacrifici e una salutare austerity. Così lui e la sua famiglia si sono spogliati di tutti i beni e i benefit, come ha fatto il poverello d’Assisi (per chi avesse qualche dubbio, si veda il video che circola in rete, “Tutti i benefit di Napolitano e i privilegi usati dai figli”: tanto per citarne alcuni: telefoni satellitari, collegamenti televisivi e telematici, un maggiordomo, ma anche un guardarobiere, scorte, segretari, consiglieri diplomatici, auto blu con autista. All’ex capo dello Stato tocca anche un ufficio da 100 mq a Palazzo Giustiniani e uno staff di almeno 8 dipendenti, che costeranno 700mila euro. Oltre ai benefit, previsti per moglie e figli, riceverà anche 15mila mensili di stipendio). In questa conversione veneranda alla povertà quasi assoluta (15 milioni di italiani secondo Tito Boeri, Presidente dell’Inps), quello che sorprende è la ritrovata spiritualità dell’homo videns videns. È lui il nuovo uomo della Provvidenza, dopo che ha consegnato alla fulgida storia italiana dell’ultimo ventennio, le leggi ad personam, la nipotina di Mubarak Ruby, l’igienista dentale Nicole Minetti, l’istruita Maria Stella Gelmini, la madonna scudiera Daniela Garnero Santanché, e tutta la sacra corte di Dioniso con in testa pensate un po’, Bruno Vespa che bussava porta a porta alla ricerca delle olgettine, per svelare i segreti della loro devozione al Santo Patrono Silvio. E si! saranno anni indimenticabili con lo stalliere di Arcore Vittorio Mangano, con l’amante dei manoscritti antichi e dei codici segreti della mafia, il senatore Marcello Dell’Utri, per non dimenticare il fido Cesare Previti e l’estroso Dennis Verdini, o lo sbadato ex ministro degli Interni Claudio Scajola e delle Attività produttive che riceve una casa al Colosseo senza saperlo. E poi il capolavoro assoluto, l’attuale ministro degli Esteri Angelino Alfano, che alfiere! (pensate che il fratello minore Alessandro, ha compiuto un vero miracolo alle Poste, ricevendo 200 euro l’anno senza firmare un atto).  E poi, come non ricordare la mitica band padana Bossi & Company, senza scordare  il genio economico e commerciale di Giulio Tremonti che ha profetizzato che “con la cultura non si mangia”. Il contorno era di gran pregio, come l’asso nella manica della comunicazione del Cavaliere errante Maurizio Gasparri, e poi l’amazzone azzurra Michaela Biancofiore che ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo, e gli ispirati cattolici Pier Ferdinando Casini, Maurizio Lupi e il celeste Roberto Formigoni. Una schiera di angeli che sono scesi dal cielo in terra a miracolo mostrare. Insomma, oltre un ventennio di spettacolo alla stato puro con tutti questi attori protagonisti della Belle Époque nel Bel Paese delle meraviglie e gli italiani hanno sognato ad occhi aperti, talmente aperti che hanno fatto finta di non vedere niente, consegnando la dignità di popolo sovrano al Porcellum. Poi, forte di questo splendido modello, il Magnificus, dopo aver preso lezione nella buona scuola poetica della magna curia di Arcore, ha tentato di replicare il miracolo dei pani e dei pesci con la parabola del verbo Italicum, che l’intera Europa avrebbe desiderato adottare per le sue virtù profetiche. Solo che adesso, quella magica lampada del giglio magico fiorentino, è rimasta senza genio e la formula lo ha fatto scomparire nel crepuscolo degli dei. Tanto rumore per nulla? No, pacta sunt servanda, i patti sono patti e devono essere osservati tra “frati e sirocchie”. Ci vuole più cuore! E ci pensa mamma Rai a far apparire il figlio e il padre insieme, in una versione nuova rispetto a quella scritta da Edmondo De Amicis. Perciò proponiamo il premio “Fedeltà” al direttore del TG1 Rai Mario Orfeo. E per finire questa bella favola con una coda dal sapore antico, ci soccorre la parabola, con il giusto accordo, del RE Travicello di Giuseppe Giusti (in arte avvocato, poi anche deputato del parlamento di Firenze, che aveva avuto l’ardire di prendere come suo bersaglio sia il granduca di Toscana Leopoldo II, ma anche i toscani che esprimevano il loro malcontento in chiacchiere). Nel 1841, ispirato da Fedro (la favola, Le rane chiesero un re, è fatta risalire a Esopo), si è divertito a riproporre in versi il pezzetto di legno che Giove butta nello stagno, dopo il gracidare insistente delle rane che volevano un re; ma il nuovo monarca si limitava a galleggiare, allora le rane elevarono un lamento più forte; allora il padre degli Dei, seccato, come nuovo re gli inviò un serpente che iniziò a mangiarle; e così le rane rimpiansero il primo, il Re Travicello. Per essere veloci e futuristi come un twuit e in sintonia con il genius loci di Firenze della post-modernità (il quale ha ricodificato il festina lente del suo illustre antenato Cosimo de’ Medici), citiamo solo le prime due e le ultime due strofe: Al Re Travicello /piovuto ai ranocchi,/ mi levo il cappello/ e piego i ginocchi;/lo prèdico anch’io/ cascato da Dio:/oh comodo, oh bello/ un Re Travicello! Calò nel suo regno/ con molto fracasso;/le teste di legno/ fan sempre del chiasso:/ ma subito tacque,/ e al sommo dell’acque/ rimase un corbello/ il Re Travicello. (….) volete il serpente/ che il sonno vi scuota?/ dormite contente/ costì nella mota,/ o bestie impotenti:/ per chi non ha denti,/ è fatto a pennello/ un Re Travicello. Un popolo pieno/ di tante fortune/ può farne di meno/ del senso comune./ Che popolo ammodo,/ che principe sodo,/ che santo modello/ un RE Travicello!”.