Seminara, il prof. Montero sulle tracce di De Andrade

Lo Spirito della storia e dei tempi ritorna e fa incontrare gli uomini e i loro destini. E’ accaduto a Seminara, centro di cultura, di storia e di spiritualità. Protagonisti dell’incontro tra il prof. Josè Manuel Montero dell’Università di Bilbao e Santo Gioffré, autore del romanzo “Il Gran capitan e il mistero della madonna nera”. A creare questo ponte tra la Spagna e la Calabria, l’eroe della battaglie del 21 aprile del 1503 che si è svolta sulle sponde del Petrace tra l’esercito spagnolo e quello francese, il capitano Fernando de Andrade, originario della Galizia, su cui il prof. Montero sta costruendo il suo primo romanzo. Un incrocio di storie e di esperienze avvolte anche da un alone di mistero che si è tradotto nella potente e folgorante spiritualità di madre Stefania nella chiesa ortodossa di Seminara, fatta erigere dallo scrittore di Seminara.

Stemma chiesa di Sant'Antonio

L’eco delle due battaglie di Seminara sulle sponde del fiume Petrace, tra gli eserciti spagnoli e francesi a cavallo tra il XV e XVI secolo (1495 e 1503), ritorna e racconta la storia degli uomini . Sui luoghi dove si sono combattute quelle epiche battaglie, durante il suo breve soggiorno a Pizzo (nei giorni di luglio) si è recato il prof. Josè Manuel Montero, docente all’Università di Bilbao (capoluogo della regione basca della Spagna) accompagnato dallo scrittore Santo Gioffrè, autore del fortunato romanzo “Il Gran Capitano e il mistero della madonna nera”. L’importanza epocale della battaglia combattuta sulle sponde del Petrace viene sottolineata in un passo iniziale del romanzo: “il 21 aprile del 1503 la storia guerriera dell’Europa non fu più la stessa e cambiò anche il modo di morire” e a Seminara “un mondo fatto di guerra antica crollò” (pag. 20). Eroe di quella battaglia il galiziano Fernando De Andrada, che ha vendicato la disfatta subita da Consalvo Fernandez de Cordova il 28 giugno del 1495; ma quella vittoria al Gran Capitan tolse il sonno, e mentre si trovava a Barletta inveisce: “Maledetto De Andrada! Questo piccolo signorotto galiziano ha messo a rischio tutti i miei progetti e offusca la mia gloria. Maledetto! Cosa si dirà adesso che altri hanno scippato e utilizzato sui campi di battaglia , la mia grandiosa intuizione strategica e tattica?” (pag. 27).

E’ stata proprio l’epopea vissuta dal capitano Fernando De Andrade nel 1503 sul fiume Petrace, riscattando l’unica sconfitta che il Gran Capitano Consalvo de Cordova vicerè del regno di Napoli e duca di Terranova, aveva subito, a portare il prof. Montero sulle sue tracce a Seminara, perché condivide con il capitano galiziano comuni origini ed è animato dalla passione per la scrittura e per la storia. E così le vicende belliche che hanno contrapposto la Spagna di Ferdinando e Isabella e la Francia di Luigi XII, si caricano di nuovi interessi storici e letterari, con dei risvolti ancora da decifrare, come la presenza dello stemma che si trova nella chiesa di Sant’Antonio di Seminara, unico reperto che descrive la nuova situazione storica che si era venuta a creare in Europa e che prefigura il predominio di Ferdinando il Cattolico sul regno di Napoli, dopo essere stato in mano agli Angioini. Il fregio in marmo costellato da una serie di immagini simboliche, molto probabilmente è stato scolpito proprio nel periodo in cui Consalvo de Cordova è stato viceré di Napoli (1504 -1506). “Ci siamo trovati d’accordo nell’identificare nello stemma di Seminara un reperto storico eccezionale”, ha spiegato Santo Gioffrè , “che testimonia non solo la fine del dominio angioino nell’Italia Meridionale, e la nascita del vice-reame, ma il trionfo di Ferdinando il Cattolico, dopo la morte di Filippo il Bello e la pazzia della figlia di Ferdinando e Isabella, Giovanna”. Lo scrittore di Seminara è orientato a ritenere che con questo fregio, il re di Spagna avesse voluto lanciare un monito al Gran Capitan nella città-simbolo del feudo di Terranova, diventata sua seconda patria, all’indomani della morte di Isabella di Castiglia (1504) e quella del re di Francia Filippo d’Asburgo (1506), detto il Bello, che aveva sposato la figlia dei regnanti di Spagna e con cui Consalvo de Cordova – come suppone Gioffrè – aveva stretto un accordo segreto per diventare re del Regno di Napoli.

Nei suoi precedenti romanzi storici Santo Gioffrè ha raccontato alcuni spaccati della storia di Seminara, a partire dalla metà del Trecento con il primo traduttore dell’Iliade e dell’Odissea dal greco in latino e maestro di greco di Petrarca e Boccaccio, Leonzio Pilato, fino ai primi decenni del Novecento con “La terra rossa”. Il suo primo esordio è stato con “Artemisia Sanchez”, da cui è stata tratta la serie fiction per la Rai. Ma è stato il romanzo “Il Gran Capitan e il mistero della madonna nera” a creare il ponte tra Gioffré e Montero. Quest’ultimo, che ai suoi studi in Psichiatria ha affiancato anche quelli di scrittore, da mesi sta lavorando al suo primo romanzo in cui il protagonista, attraverso un processo di regressione, rievoca proprio il capitano de Andrade. Il docente spagnolo ha confidato che si è ispirato all’ “Eterno Ritorno” del filosofo tedesco Nietzsche; infatti il personaggio centrale è un uomo del 2016 che tornando indietro nel tempo, attraverso il sogno, entra in contatto con De Andrade. Per questo ha deciso di venire proprio nei luoghi della battaglia : “Questo è un romanzo che si basa sulle emozioni, ed era importante vedere con i propri occhi e sentire con i propri sensi i luoghi, le persone. Qui mi sembra di essere a casa, dove l’accoglienza e l’affettuosità hanno un carattere prettamente familiare”, ha infine spiegato, ringraziando per l’ospitalità Santo Gioffré.

Da quanto è stato possibile capire, nella costruzione narrativa del romanzo, alla realtà emotiva di carattere psicoanalitico-esistenziale dei nostri tempi, fa corrispondere un processo di retrospezione e di recupero della realtà storica, fino al XVI secolo, il periodo in cui ha vissuto De Andrade. Si può supporre che la classica struttura del romanzo psicologico (il primo esempio in Italia è quello di Italo Svevo con la “Coscienza di Zeno”) acquisisca il taglio del genere storico. Ma sono solo delle congetture al momento, in quanto, il romanzo ancora è in fase elaborazione e molto probabilmente vedrà la luce nella prossima primavera.

Accade però che nell’incrocio delle vicende umane in cui si combina la realtà psichica con la realtà storica come nel romanzo a cui sta lavorando il prof. Montero, in modo inusitato, si vivono esperienze il cui alfabeto emotivo e comunicativo venga segnato dal desiderio di oltrepassare la superficie degli eventi e delle stesse vicende esistenziali. Al mistero della madonna nera prefigurato da Santo Gioffré nel suo ultimo romanzo, si accompagna anche quello dello stemma che si trova nella chiesa di San Antonio. Ma questa esperienza, che si colloca oltre la linea del razionale, diviene un filo che unisce e che segna il cammino degli uomini che vanno alla ricerca di “virtute e canoscenza”, attraverso quel sentimento di meraviglia che ha alimentato il mito e che è il principio della stessa conoscenza, secondo la filosofia di Aristotele. Questo alone lo si è avvertito nell’incontro che il prof. Montero, accompagnato dalla sua signora Begoña (Begonia) Matellanes (anche lei docente universitaria a Bilbao), hanno vissuto nella chiesa ortodossa che si erge accanto alla chiesa di Sant’Antonio e dove, prima che l’antica Seminara fosse distrutta dal terremoto del 1783, si ergevano le mura dei monasteri ortodossi. Una memoria che Santo Gioffré ha voluto rendere visibile promuovendo la costruzione della chiesa ortodossa e facendo così rifiorire la sua millenaria tradizione che ha profondamente impregnato la storia di Seminara e dell’Italia bizantina, come testimoniano personaggi come Barlaam ( 1290 – 1348, matematico, filosofo, teologo e studioso della musica) e Leonzio Pilato (inizio XIV sec. 1364).

Gioffrè e Montero Alle spalle statua di Leonzio pilato e la chiesa di Sant'Antonio Il Gran Capitan

È stato un incontro con la tradizione ma anche con l’anima che ha scavato profondamente la storia di Seminara e della Calabria, miracolosamente incarnata da una donna, madre Stefania, la cui spiritualità si è come trasfigurata di fronte allo sguardo rapito del prof. Montero e della sua consorte che hanno attraversato il Mediterraneo richiamati dall’eco delle armi, ma si sono ritrovati a guardare estasiati l’edificio sacro, un vero gioiello architettonico e artistico, edificato secondo i rigorosi canoni ortodossi. I due coniugi, che hanno una profonda fede cristiano-cattolica, sono rimasti folgorati dalla potente spiritualità emanata da questa donna, con nelle mani le impronte di millenni di storia religiosa e di spiritualità disseminata dai grandi eremiti e asceti che hanno fondato una miriade di monasteri in Calabria. Madre Stefania, originaria del Montenegro, è stata sospinta, come ispirata da una presenza trascendente, a raccontare la storia della sua vocazione ma anche la grande anima che ha dentro la Calabria, terra – lo ha ribadito diverse volte – di grandi santi e da una potente energia religiosa, ma contrassegnata da forti contrasti. Con lo sguardo ricolmo di commozione ha spiegato che solo una grande forza spirituale può vincere le ostilità e superare gli ostacoli più impervi, come prove che il mistero divino mette sulla strada per rafforzare la fede e l’amore verso Cristo. Per tale motivo, con grande determinazione, porta avanti la sua missione a Seminara, luogo dove lei avverte una intensa spiritualità e con la quale dialoga nelle sue preghiere; e nonostante le tante difficoltà che incontra quotidianamente, non si scoraggia, perché sente affiorare la luce del Cristo che le dona la forza per portare avanti il suo cammino umano e spirituale. Nelle sue parole cariche di emotività, espresse con autenticità, umiltà e umanità, si sentiva pullulare una fonte che va oltre il tempo e la storia. Sono segni che indicano un disegno e che si manifestano quando l’esperienza umana è alla ricerca delle orme degli uomini e del loro Spirito che rimangono sepolti per secoli, ma che improvvisamente fioriscono ed eruttano come un magma, parte segreta di questa terra, la Calabria, che può essere tellurica o presentarsi ancora più devastante come la furia distruttrice degli uomini, ma può far rinascere e ricreare un nuovo tempo, come l’intensa luminosa spiritualità emanata da madre Stefania, venuta da lontano perché richiamata dalle orme vive e vivificanti dei Padri e delle Madri, e che deve far riflettere sul senso del vivere in un territorio la cui autentica memoria e la cui anima è stata – ed è tuttora – martirizzata, dissacrata e profanata, sia nella sua dimensione sacra e religiosa che in quella laico-culturale, con disarmante e complice banalità.

Gioffrè e Montero a Seminara