Su You Tube il lancio del video della soprano di origine calabrese Nunzia Durante

Non capita spesso che dietro l’arte ci sia un impegno dichiarato: oltre ai valori estetici anche quelli etico-politici. Come accade nel disco lanciato sul canale You Tube proprio oggi, da parte della soprano di origine calabrese Nunzia Durante. “Le canzoni sono trappole” è il titolo dello spettacolo con cui Nunzia Durante presenta il suo lavoro: un Cd con 10 canzoni della tradizione classica napoletana fra cui l’inedito “Pullecenella”. Lo stesso soprano che vive e lavora a Roma spiega il significato del titolo: “Le canzoni sono trappole perché vi è sempre rinchiuso un messaggio e il compito di ciascuno di noi, di chiunque vi si avvicini, è quello di liberare questo messaggio, questo ricordo, questa idea che forse ha bisogno di riprendere a vivere e camminare, a trasmettersi con progressione geometrica. Si tratta, per come la vedo io – sottolinea la soprano – dell’antica immagine del messaggio nella bottiglia”. A brevissimo ci sarà l’uscita del video che verrà presentato domenica prossima a Procida, dove è stato girato. Così l’arte ritorna alla sua matrice, alla radice classica dove etica ed estetica vivevano una unità armoniosa, perché l’arte aveva una funzione sociale e politica. Questo messaggio e questa tensione oggi sembrano andati in prescrizione come i tanti processi. Stranamente si dimentica – forse perché la cosiddetta cultura ufficiale, quella manipolata dai poteri mediatici, è diventata soltanto spazzatura, perché deve inquinare le menti, l’anima e il corpo degli ignari utenti che siano della rete o che siano irretiti dalla persuasione occulta – si dimentica che qualsiasi atto, anche quello di stare in assoluto silenzio tra le contrade sperdute dell’ultima Tule, è un fatto politico. L’aria che respiriamo è politica e la cultura non può che essere atto politico; così fanno sorridere tutti quelli che si dichiarano apolitici, o antipolitici o che non vogliono fare politica. Se la politica non si fa in modo consapevole,  la si subisce e l’essere umano diventa soltanto merce in vendita, perché in modo deliberato decide di consegnare il suo destino in altrui mani, che molto spesso sono sporche non per pulire il mondo, ma per renderlo ancora più sporco e ricolmo di immondizie. Perfino i Maia nella loro concezione cosmica, avevano intuito che conoscere la storia e conservarne la memoria, significa comprendere il divenire dell’uomo e interrogarsi sul suo destino. L’uomo contemporaneo sembra aver abdicato al suo destino. Invece di evolversi si è involuto grazie alla menzogne del progresso, alla “magnifiche sorti e progressive” ironicamente cantate da Leopardi nell’ultimo suo canto, “La ginestra”,  che rappresenta un testamento spirituale ma anche un messaggio sociale, per l’umanità del futuro. I Maia concepivano l’universo come un movimento incessante di energie divine, e la musica ne fa parte. Ecco che nella riproposizione della tradizione classica della canzone napoletana della soprano Nunzia Durante, si coglie tutta questa radice storica ma anche ideale e politica. Tra i brani vi è in particolare l’inedito “Pullecinella” scritto da Alessandro Massa. E’ un lavoro che vuole essere un tentativo di liberare il messaggio rinchiuso nella poesia, nella canzone, nella musica. Liberare il messaggio, il ricordo, la prospettiva, l’idea che una vita migliore sia possibile, come ribadisce la soprano citando Gaber: “Possiamo pensare di poter essere vivi e felici solo se lo sono anche gli altri”. Una visione che scardina alla radice il sistema con il quale è stata drogata la società dei consumi e della “mutazione antropologica” di “pasoliniana” memoria, che irrompe sulla scena dalla fine della seconda guerra mondale (Lo analizza ad esempio Vance Packard nel suo celebre libro “I persuasori occulti” degli anni ’50)  e che negli ultimi decenni ha conosciuto una parabola pericolosissima, con un individualismo sempre più esasperato che ha perso di vista i valori collettivi, e che ha fatto il gioco dei poteri occulti e di quelli finanziari ancora più spietati, che hanno fatto circolare nell’anima della società il totalitarismo in modo velenoso, entrando nelle coscienze degli individui, per isolarli e drogarli di psuedo successi, narcisismi, rincorsa sfrenata al materialismo, che ha significato distruzione dei valori etici e svuotamento delle coscienze e della vera azione politica, creando distruzione dei valori umani e del diritto delle nuove generazione a sognare un futuro. Al centro di tutto questo c’è l’amore, l’amore che “move il sole e l’altre stelle” come ha suggellato il suo viaggio in Paradiso il Sommo Dante, è il motore dell’universo; ma anche, come ci viene raccontato nell’archetipo del mito di Arianna e del labirinto – che più di ogni altra analisi, ha svelato la natura dell’uomo ma anche la verità del destino umano in qualsiasi luogo e tempo – l’umanità si può salvare da ogni mostruosità soltanto attraverso il filo d’amore che Arianna ha steso nel labirinto che si trova in ognuno di noi, che viene costruito per renderci prigionieri e preda del Minotauro. Ma se sappiamo amare ci possiamo salvare da ogni istinto autodistruttivo. L’ispirazione, quindi, di questa artista di origine calabrese, nata nella patria del cavaliere di Taverna, Mattia Preti, nella presila catanzarese, va nella giusta direzione. Possiamo affermare che ha steso il filo nei tanti labirinti sociali e mentali per indicarci l’uscita: la nuova Arianna che salva l’umanità da un destino atroce, perché non sa più che cosa veramente sia il vero, autentico amore, dove il bene personale si fonde con il bene collettivo, in cui la bellezza non può essere un diritto individuale, ma è collettivo e va condiviso. In questo spirito si coglie l’importante messaggio dell’operazione musicale che vede come protagonista una donna che approda nell’isola di Arturo, dove un’altra donna, Elsa Morante, aveva raccontato nell’omonimo romanzo di formazione sull’adolescenza (premio Strega nel 1957) questa isola; coincidenze che ritroviamo anche nell’altro forse più conosciuto romanzo,  “La Storia”. Ma forse non tutti sanno che la protagonista, Ida, sia nata a Cosenza, e che il padre, amante dell’opera lirica, avrebbe voluto chiamare Aida, in omaggio alla protagonista dell’omonima opera di Giuseppe Verdi. Il filo della storia, della memoria e dell’amore, si intrecciano e la Calabria torna ad essere protagonista con Nunzia Durante, nel ruolo di Musa tessitrice che dispiega il “textus” della musica. Non a caso il simbolo della Calabria è rappresentato dal telaio.