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Il futuro di Taranto e provincia in 6 parole: Agricoltura – Turismo – Artigianato – Cultura – Paesaggio – Enogastronomia tipica

La CIA di Taranto da tempo sostiene che il futuro di Taranto non può continuare a basarsi sull’industria. Il voler a tutti i costi riesumare e resuscitare un’attività che ha permesso più o meno ad una sola generazione di sopravvivere, compromettendo però contemporaneamente il futuro del territorio e di tante generazioni successive è quanto di più sbagliato si possa fare. Le scelte fatte in passato hanno limitato tantissimo le iniziative imprenditoriali, tante persone hanno preferito rendite varie al rischio d’impresa: oggi ci ritroviamo con dati negativi in diversi settori e la scomparsa di alcuni mestieri che hanno consentito a molti di avere un lavoro autonomo e dignitoso. Intanto la classe politica della provincia di Taranto continua a farsi scippare tutto quello che è stato costruito con anni di lotte e sacrifici: solo per limitarsi agli esempi più recenti si possono citare la Motorizzazione, la Sovrintendenza archeologica, l’Assessorato regionale alla Cultura. E l’elenco potrebbe poi continuare. Anziché difendere il proprio territorio, coinvolgendo tutti i soggetti economici presenti e le associazioni, gli attori (o, per meglio dire, gli spettatori) politici, tutti insieme appassionatamente (vedi gestione consociativa alla Provincia e prospettive di nuovo inciucio per il Comune di Taranto), paiono dedicarsi solo al chiacchiericcio parolaio sulla reindustrializzazione di Taranto. Intanto sono stati persi anni d’oro in cui l’economia girava, nel mentre avremmo tutti insieme, ognuno per le proprie competenze e ambiti operativi, potuto costruire opportunità reali, partendo ad esempio dalla riapertura dell’aeroporto di Grottaglie, all’approdo delle navi da crociera, alla valorizzazione dei beni naturalisti, archeologici e artistici, gravine, masserie e chiese rupestri di cui Taranto e la provincia sono ricchissime. D’altronde mai alcuno ha chiesto conto dei risultati concreti prodotti dai giganteschi finanziamenti dello Stato (a fondo perduto, è proprio il caso di dire) per centinaia di milioni di euro, dilapidati nel contratto di programma per il turismo per l’area occidentale, né dei risultati prodotti dai finanziamenti pubblici per fantasiosi parchi a tema (mai realmente entrati in funzione) ispirati a immaginari popoli proprio nella culla e nella Terra che ha dato vita nella storia alla grande civiltà della Magna Grecia.

E che dire poi dei tentativi (vecchi e nuovi) di realizzare campi da golf nell’area di Castellaneta, ovvero impianti la cui tenuta richiederebbe tra l’altro quantità gigantesche e non disponibili di acqua, proprio nei periodi in cui più elevata è l’inadeguatezza della risorsa idrica rispetto alle pressanti e non eludibili esigenze dell’agricoltura?

Troppo spesso finora la mediocrità, la conflittualità apparente condita da un bieco trasversalismo sottobanco, gli interessi inconfessati e inconfessabili (anche sostenuti da elargizioni sotterranee) sono prevalsi rispetto al bene della collettività. E’ arrivato il momento di uno scatto di orgoglio, chiedendo conto alla classe politica che mal ci ha finora rappresentato di mutare effettivamente verso, portando avanti seriamente e non a parole le vocazioni e le istanze naturali del nostro territorio, Agricoltura, Turismo, Artigianato, Cultura, Paesaggio, Enogastronomia tipica.

Redazione

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