Il Museo Botanico di Milano di via Zubiani porterà il nome di Aurelia Josz, eccezionale figura femminile del ‘900 e figura di riferimento della cultura milanese.
Fu la prima donna a fondare, nel 1902, la prima Scuola Pratica Femminile di Agricoltura. Situata presso l’Orfanotrofio della Stella di Milano, la scuola fu successivamente trasferita nel quartiere di Niguarda, proprio nell’area intorno a Villa Lonati dove oggi ha sede il Settore Verde e Agricoltura del Comune e dove è nato e si sta sviluppando il Museo Botanico.
Aurelia Josz attraversò le prime decadi del 1900 dedicandosi alla formazione di decine di giovani donne milanesi ai margini della società, orfane o figlie di piccoli proprietari terrieri, destinate a rimanere chiuse in convitti o tra le mura di casa. Convinta della necessità di una visione moderna dell’agricoltura, chiamò a Milano i più importanti agronomi italiani e istituì molti corsi, tra cui alcuni all’avanguardia in un contesto urbano come bachicoltura e apicoltura. Nel 1921 diede vita al primo Corso magistrale agrario per maestre rurali.
Di origini ebraiche, Aurelia aderì al Gruppo sionistico milanese di Bettino Levi, unendo così la sua fede sionista con quella nella cultura, nell’impegno e nel progresso, così come fecero tante altre ebree italiane dell’epoca, indipendentemente dalla loro osservanza religiosa.
Nella prima metà degli anni Trenta impiantò, in soli sei mesi, un’altra scuola agraria a Sant’Alessio in provincia di Roma. Rifiutò sempre la tessera del partito fascista e per questo il regime la escluse progressivamente da ogni incarico, revocando i finanziamenti statali anche alla scuola di Niguarda.
Rifiutatasi di espatriare dopo le leggi razziali del 1938, il 15 aprile 1944 venne arrestata ad Alassio (Imperia), condotta nelle carceri di Marassi (Genova) e da lì deportata prima al campo di concentramento di Fossoli, poi al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove giunse, dopo un viaggio nei vagoni piombati, il 30 giugno 1944. Venne uccisa, durante le selezioni iniziali, il giorno dopo il suo arrivo.
Il Museo Botanico
Milano, così come le più importanti metropoli internazionali, si è da poco dotata di un orto botanico comunale capace di svolgere più funzioni: protezione e conservazione della biodiversità, educazione, didattica, divulgazione. Il percorso didattico, dedicato principalmente agli studenti, è orientato agli aspetti storici e alle nozioni naturalistiche e bioecologiche di base, per meglio comprendere l’importante influenza della città di Milano sulla pianura padana. Il Museo propone al visitatore un itinerario all’interno di un sistema di ambienti umidi collegati da un corso d’acqua continuo a parziale riciclo, dove vengono riprodotti ambienti d’acqua corrente e stagnante con i relativi tipi di vegetazione e fauna acquatica. Si possono così osservare animali e piante attraverso punti di osservazione particolari, al di sotto del piano del terreno, per osservare tutto ciò che accade sotto il pelo dell’acqua. Poco distante, il ‘Frutteto dei Patriarchi’, un’area che ospita ceppi originari di specie antichissime, alberi vecchi anche di 300 anni che gli agronomi del Comune hanno riprodotto dalle piantine degli originali. Si tratta di un’operazione dall’altissimo valore scientifico e culturale dal momento che vengono riprodotte specie ormai scomparse di peri, meli, peschi, olivi, gelsi, fichi, ciliegi, amarene.
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