Roma Capitale

La rabbia esplode a Roma: i palazzi del potere devono riflettere, non si possono ignorare le spie di un malessere profondo

La violenza è da condannare senza se e senza ma. Ma ignorare la rabbia esplosa a Roma in un sabato pomeriggio di guerriglia è evidentemente riduttivo. Un pezzo della Capitale è stata messa in subbuglio. Qualcuno forse ha sottovalutato ciò che sarebbe potuto succedere L’accerchiamento a palazzo Chigi dopo gli attacchi in altre parti di Roma, ad iniziare dall’assalto alla Cgil, “pesa” molto, è una spia che deve fare riflettere i palazzi del potere sulle scelte fatte, spesso al limite. Evidentemente non si può continuare più con lo stato di emergenza e con scelte non chiare.

L’immagine dei blindati che vacillano sotto la pressione dei manifestanti ha fatto il giro del mondo. Il Ministero dell’Interno e la presidenza del Consiglio guardano ad una possibile escalation delle proteste, di cui gli episodi di sabato sono una spia. La tensione è alta in vista della scadenza del 15 ottobre, quando scatterà l’obbligo del Green pass per tutti i lavoratori. Ma bastano gli idranti e più forze dell’ordine? Oppure il premier Draghi, il Ministro Speranza e i giallorossi devono porsi delle domande?

Bisogna evitare che situazioni simili possano ripetersi e degenerare in maniera più grave. Ma bisogna tornare in fretta alla normalità, dire basta alle ambiguità. Se si ha la certezza che il vaccino è la strada da seguire si faccia l’obbligo. Stop al green pass, basta con regole astruse. Il vaccino è la cura? Si abbia il coraggio di fare scelte politiche univoche e coraggiose. E poi si metta fine a regole opinabili e che lasciano spazio alle divisioni. L’Italia ha bisogno di riprendersi il presente e di guardare al futuro. Ha bisogno di tornare al voto per assicurare al Paese una maggioranza stabile, compatta, che la pensi allo stesso modo. Basta regime speciale, tecnici, la politica torni in campo e si assuma le sue responsabilità.

Attenzione a declassare quanto successo ieri come violenza fascista. In strada, pronte a fronteggiare i celerini in tenuta antisommossa, c’erano persone a viso scoperto, uomini e donne non più giovani che gridavano esasperati, immobili e quasi indifferenti al getto degli idranti. A sostegno di chi potrebbe fomentare e strumentalizzare i disordini c’è una parte di popolazione forse minoritaria, ma capace di cambiare volto ai raduni. C’è tanta gente decisa a non arrendersi alle decisioni del Governo. Sono persone che hanno poco o niente a che fare con le frange violente, ma che sono pronte alla sfida. Non si può fare finta di nulla e dare delle etichette a persone normali che evidentemente sono esasperate. Isolare i violenti di mestiere sicuramente, ma ascoltare la rabbia sociale e “curarla” è un obbligo della politica. Tutti siamo italiani a prescindere dalle convinzioni. L’Italia non ha bisogno di violenza ma di ritorno alla normalità.

Redazione

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