Cultura

L’Italia che non ti aspetti svelata dall’European Language Index

Non solo Italia ma anche Europa. L’Europa multiculturale, multietnica e plurilinguistica. L’indagine del 2021 realizzata dall’European Language Index (ELI) racconta proprio questo: quanto è facile studiare o perfezionare una nuova lingua in patria grazie all’apporto delle istituzioni o al supporto del settore privato. Il panorama europeo è ovviamente eterogeneo e la posizione occupata in classifica dall’Italia non è affatto incoraggiante. Ecco perché.

Secondo lo studio realizzato dall’ELI, il bel paese si piazza al penultimo posto in Europa ossia al 26°, subito prima della Bulgaria, fanalino di coda dell’UE. Significa che in Italia non è abbastanza semplice studiare o perfezionare un lingua estera in maniera efficace e performante. Se da un lato il 95,3% dei bambini italiani inizia ad acquisire le conoscenze minime di un nuovo idioma grazie alla scuola pubblica primaria, il livello cala vertiginosamente in adolescenza o età adulta. Singolare, poi, il caso del Governo Italiano e del suo sito web ufficiale, consultabile esclusivamente in lingua italiana. Il paese vanta nel complesso ben 47 idiomi sparsi su tutto il territorio con numerosissime minoranze linguistiche e una miriade eterogenea di dialetti. Nonostante questa forte e apparente disomogeneità, l’Italia si presenta probabilmente come un paese dalla forte matrice identitaria culturale che rallenta i processi di apprendimento di nuove lingue. Italia caput mundi, per dirla con una mutazione gergale.

E il resto dell’Europa? Qual è la classifica generale e chi si piazza sul podio? Il paese più performante è anche il più piccolo dell’Unione. Si tratta del Lussemburgo, cuore finanziario grande come la provincia di Piacenza ma decisamente virtuoso dal punto di vista dell’efficienza del sistema pubblico-privato. Il Lussemburgo è il paese in cui è più facile apprendere una nuova lingua. Forse perché quelle parlate entro i confini sono già tre, lussemburghese, francese e tedesco, o forse per via della debolissima identità culturale o della mobilità lavorativa che agevolano lo studio e la conoscenza di un nuovo idioma. In Lussemburgo il 100% dei bambini inizia a studiare una nuova lingua con ottimi risultati. Il resto della classifica europea, dalla seconda alla decima posizione, si struttura come segue. Sul podio, al secondo e terzo posto troviamo Svezia e Danimarca, seguiti da stati più piccoli come Cipro, i Paesi Bassi e Malta, e poi ancora Slovenia, Belgio, Estonia e infine Germania.

I 27 paesi dell’Unione, ad eccezione del Regno Unito, sono stati analizzati in base a 18 fattori di indagine, successivamente raggruppati in sette aree: 1) accesso all’apprendimento digitale di uno o più idiomi; 2) diversità linguistica; 3) numero di lingue ufficiali parlate di ogni paese analizzato; 4) grado di plurilinguismo; 5) livello di conoscenza della lingua estera più conosciuta; 6) sottotitoli e cosiddetti voice over utilizzati nei programmi TV e al cinema; 7) apprendimento linguistico a scuola. Secondo Kirill Bigai, CEO di Preply, piattaforma digitale di apprendimento su cui è stata pubblicata l’indagine, conoscere una lingua estera è fondamentale per le prospettive di sviluppo personale e di carriera. L’Italia ha indubbiamente il compito di accelerare questo processo a favore delle generazioni future.

Redazione

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