Cultura

Il tramonto nel mare dei miti, “patrimonio contemplativo dell’umanità”

A proporlo la sezione di Vibo Valentia di Italia Nostra, affinché tutto il mondo contempli la meraviglia e la stupefacente bellezza che si apre nello scenario delle isole Eolie. A concepire l’idea-sogno il prof. Saverio Di Bella (storico ed ex senatore): una telecamera che filmi i tramonti nelle diverse stagioni, affinché tutto il mondo possa ammirare lo stupefacente spettacolo, in particolare quando si cala nello Stromboli.

La meraviglia è il principio della conoscenza, spiegava Aristotele (Metafisica). Una delle visioni meravigliose, che apre la via non solo alla conoscenza, è la contemplazione del “tramonto nel mare da dove nascono i miti” (ritraducendo “Il mare da dove nascono i miti” di Giuseppe Berto, 1956). È un sentimento ineffabile quello che si prova quando il sole si abbandona lentamente suscitando incanto, estasi,  rapimento e  folgorazione, una intensa gamma di sensazioni. Come è accaduto in questi giorni (il 3 settembre) in cui sono stato testimone oculare (historeo) di un miracolo (da miraculum “evento che suscita meraviglia”). Una di quelle occasioni che Carl Jung definisce coincidenza significativa o sincronia, mi sono ritrovato a passare da Ciaramiti (località fraz. di Ricadi che offre una delle esclusive e suggestive visioni sulla Costa degli Dei aprendosi alla Stretto), insieme al prof. Saverio Di bella (storico) e alla sua consorte Anna Maria Garufi (psicoterapeuta). E ci siamo lasciati incantare dallo spettacolo. In scena un tripudio di colori e di sfumature nel cielo striato con l’epifania delle Eolie dentro il magico specchio delle acque levigate dal cromatico e variopinto linguaggio della luce. In quella metamorfosi radiosa, le isole si ergevano maestose come templi formando una corona sospesa tra cielo e mare, e facendo affiorare memorie visive capaci di trasferirci in una dimensione sacra, misterica e mistica: gli occhi letteralmente rapiti in unità sinfonica e sinestetica in simbiosi con lo spazio incantato, dalla cui materia eterica affiorava una “teoria” di esperienze percettive. In quella visione si disvela il significato della parola: thea,  teatro, “spettacolo”, e horan, “osservare”, nel duplice significato di corteo solenne che suscita meraviglia e spettatore che guarda ammaliato la scena del teatro. Questo il genius loci di Capo Vaticano (luogo sacro dove i sacerdoti vaticinavano) e della Costa degli Dei.

 “La bellezza salverà il mondo” ha vaticinato F. Dostoevskij ne l’Idiota (1869), con un avvertimento ne I fratelli Karamazov (1880): “In che modo la bellezza salverebbe il mondo”? Ma a distanza di quasi un secolo e mezzo, siamo noi che dobbiamo salvare la bellezza, perché “la bellezza, senza dubbio, non fa le rivoluzioni. Ma viene un giorno in cui le rivoluzioni hanno bisogno della bellezza”(A. Camus, L’uomo in rivolta, 1951).

Non solo dobbiamo “salvaguardare” la bellezza della natura e dell’uomo, ma darle linfa per la sua fioritura, farla partorire, impegnarci per questa essenziale operazione maieutica di verità, nel suo significato di  aletheia (far venire alla luce ciò che è nascosto). Ed è attraverso l’illuminazione, l’intuizione, l’intelligenza, l’impegno, l’innamoramento verso la kalokaghatia (ciò che è bello, buono e che fa il bene) che la bellezza può diventare sogno e segno che si traduce nella realtà. E’ il sogno-verità che ha partorito il prof. Saverio Di Bella. Come gli antichi aedi che riescono a vedere oltre il proprio spettro visivo e che hanno sviluppato quello che secondo le concezioni teosofiche è “il terzo occhio” (l’occhio interiore che apre la via alla chiaroveggenza), ha intravisto l’idea di poter offrire a tutto il mondo lo stupefacente e unico spettacolo del “tramonto nel mare da dove nascono i miti”. Come? Con una telecamera che filma i tramonti nelle diverse stagioni, affinché tutto il mondo possa ammirare lo stupefacente spettacolo. I mezzi tecnici ci sono. Manca solo l’immaginazione poetica e profetica per guardare dentro e oltre la realtà. Confidiamo nella sensibilità delle donne e degli uomini che rappresentano le istituzioni, nelle testate giornalistiche e nei media televisivi come la Rai. 

Ogni espressione di bellezza, affinché possa essere compiuta, deve essere condivisa, vissuta e partecipata in una corale esperienza emotiva e catartica collettiva. Ma quanta bellezza si disperde, non viene riconosciuta o viene irrimediabilmente deturpata, come i tanti scempi inferti al paesaggio. L’umanità ha bisogno di riscoprire o imparare l’alfabeto della bellezza nei diversi idiomi, per educarsi alla contemplazione ed elevarsi umanamente e spiritualmente, di fronte alle brutture che partorisce l’essere umano, (protagonista di crimini orrendi, di tanta oscenità e disumanità). La bellezza deve avere una dimensione etica per poter diventare un sentimento estetico, altrimenti dominerà l’anestetico, l’insensibilità, l’indifferenza, la brutalità, la crudeltà. Lo aveva compreso Peppino Impastato:

“… È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore”.

Ed in questa funzione etico-civile non dobbiamo dimenticare l’imperativo categorico di Adriano Olivetti:

“La bellezza, insieme all’amore, la verità e la giustizia, rappresenta un’autentica promozione spirituale. Gli uomini, le ideologie, gli stati che dimenticheranno una sola di queste forze creatrici, non potranno indicare a nessuno il cammino della civiltà”.

Nicola Rombolà

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