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Manuela Bailo: il mistero dei messaggi Whatsapp

Il corpo di Manuela Bailo è stato ritrovato dopo la confessione dell’ex amante. Fabrizio Pasini è tornato nella serata di domenica dalla Sardegna e ha condotto gli inquirenti nel luogo dove si trovava il cadavere. Davanti al magistrato titolare delle indagini, il pm Francesco Milanesi, l’omicida ha ceduto e all’alba ha accompagnato i militari ad Azzanello, nel Cremonese, nella cascina in cui come riporta la Procura “è stato rinvenuto un cadavere di sesso femminile compatibile con il corpo appartenuto in vita a Manuela Bailo per conformazione e indumenti indossati”. Il sindacalista reo confesso, sposato e con due figli, è in stato di fermo. Sono in corso ulteriori accertamenti da parte della Procura per ricostruire con precisione la dinamica dell’omicidio avvenuto a seguito di un litigio in cui l’uomo si sarebbe pure incrinato delle costole. Un pomeriggio d’estate Manuela Bailo era uscita, salita in auto portando con sé una borsa con qualche cambio per trascorrere un weekend al lago e diventata irrintracciabile. Dalla sera del 30 luglio i telefoni di Manuela risultavano muti. Spenti dopo avere inviato una sequenza di messaggi Whatsapp a persone a lei vicine. Il fidanzato tuttora convivente, la madre, il datore di lavoro, la collega, familiari ed amici. A riferirlo Il Giorno il quale evidenzia “cambi di programma senza preavviso, assenza di risposte alla collega d’ufficio che chiedeva delucidazioni su una pratica fiscale da lei seguita perché si è data malata. Comportamenti incompatibili con le sue abitudini di precisione e gentilezza”. Chi ha mandato quindi questi messaggi? Forse lo stesso Pasini quando la donna di 35 anni era già morta? Domande a cui daranno risposte gli inquirenti. La sera della scomparsa all’ex compagno Matteo Sandri era arrivato un messaggio. Sono le 21,12: “Ciao, guarda che non torno a dormire, sono andata al lago”. Poi un altro, domenica 29, alle 19.04 “Mi fermo anche stasera e vado al lavoro diretta”. A Rivoltella, dove i Bailo hanno una casa, la donna non è mai andata. Gli impianti di videosorveglianza in strada avevano inquadrato la Opel Corsa mentre nel tardo pomeriggio di quel sabato si era spostata da Nave a Brescia. L’auto gira un paio d’ore in città, poi i monitor l’avvistano per l’ultima volta nella zona nord del capoluogo, dalle parti di via Triumplina. Poi, nulla. Stesso percorso per i telefoni, che agganciano le celle di Brescia ma dalla città non escono più.

Redazione

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