Quanto mare Di Vincenzo Calafiore 27 Luglio 2017 Trieste Affrontalo questo mare, affrontalo ora che hai braccia e gambe, nuota contro le onde come fa il pescespada, trafiggile come fossero nemiche attraversale indenne come terra di mezzo. Fallo prima che esse ti travolgano e ti portano giù nei fondali bui, nel ventre del mare, come della vita, per portarti via dalla vita. La sera, prima di attraversare la tua anima raccoglie le tue cose come fossero pietre preziose non per un baratto ma per conservare dignità, per rimanere quello che da sempre vuoi essere: uno schiavo libero da catene che fin’ora non ti hanno permesso di attraversare il mare da una sponda all’altra come fosse un miraggio a cui andare senza inganno. Ma sai che inganni e visioni, alludono e non ti fanno quell’onda che vorresti essere! Allora prendi il tuo coraggio e fanne remi, robusti, capaci di vincere le peggiori tempeste, le onde più alte,e di portarti dall’altra parte in salvo in un altrove ove tu puoi volare. Non arrenderti mai perché tu sei un uomo o donna, e non importa, quel che conta è la tua vita! Dunque vai in contro a questo mare come tu sai fare, senza paura, vai e nuotaci dentro fino alle sue viscere, lasciati avvolgere e nuota senza fermarti mai fino a quando troverai la spiaggia che più ti piace per essere amata o amato, e non svenduta o svenduto, per essere cielo a cui guardare o andare, per essere aria da respirare fino a quando ci sarà vita. Sii magia e incanto. Vita, io mi lascerei morire dentro il tuo mare. E ci guardiamo da sponde lontane a volte senza cielo, a volte senza orizzonte, e resto lì ad attendere chissà quale marea pensando che tu possa giungere chissà da quale mare… così sono andati perduti giorni, anni, in un’attesa mai finita… di una felicità recondita. Ci cerchiamo con la paura addosso di annegare, ci allontaniamo e ci ritroviamo con un’altra marea senza sapere che già assieme abbiamo attraversato un mare da estranei, da rifugiati, da esiliati, da prigionieri, da esuli… tu ed io assieme come ombre che si cercano. Eppure c’è amore, in questo annegare lento; c’è amore nelle braccia che spingono i nostri corpi, nelle mani che diventano remi, negli occhi che si cercano e come lucciole illuminano la solitudine che asfalta e affossa. Ma per fortuna c’è lei che come vita mi attende, una vita da vivere in una reciprocità embrionale. A volte guardando laggiù in cerca di qualcosa che a te possa condurmi, trovo quanto potrei farti dono, le parole che riuscirei a dirti, i baci e le carezze che vorresti ! Vieni e fermati fai di me la spiaggia che tu vuoi che sia, non andar più via, non lasciarmi nelle spire di un vento che da ogni parte mi porta tranne che sul tuo mare! A volte mi pare di sognarti e nel sogno ti racconto cose che già conosci, ma sono le mie poesie senza rime ne punteggiatura, poesie che di te raccontano con quanta maestria cambi ogni dì la scena!

Redazione

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