Apre la stagione del Teatro Vittoria uno spettacolo che fa mostra delle tradizioni della Sicilia. I canti di un unico canto, un “cunto” che è un tuffo nel passato dell’autore Pietrangelo Buttafuoco, imbevuto innanzi tutto delle tradizioni della sua terra, la Sicilia, restituite con passione di antico cantastorie, per cristallizzare quelle storie, quei canti, e farne la rappresentazione di un mito sopravvissuto ai tempi bui del mondo. Ecco leggende e personaggi che emergono da quei luoghi e da quel tempo: le preghiere che portano doni e dolcetti; i diavoli, gli angeli, i re, le ninfe, le regine e i vescovi di una mille e una notte che prima di essere un libro è il teatro della vita popolare, in cui passato e presente si mescolano in un rabbioso andirivieni. E allora la storia si fa prossima: irrompe l’anno della sovversione, il terremoto del Belice e l’altro terremoto delle rivolte studentesche e operaie e negli anni ottanta le storie parallele di mafiosi e di commissari di polizia, che lasciano il segno. Ma soprattutto c’è l’amore, e “all’amore bisogna credere, sempre. Anche quando ci fa pazzi di dolore”. Anche quando l’amore è una lettera d’addio che distilla malinconia. Così prendono vita il musicante che suona per passione e sa perdersi nella pazzia e trasformare il dolore in musica; la signorina Lia, la zia che non ritiene alcun pretendente degno di lei e amministra la memoria di famiglia curando album di fotografie; lo zio Angelino, elegante cappellano militare che viaggia e frequenta il bel mondo e che, grazie all’amore per Dio, diventa l’uomo della gioia in una terra di lupi. La narrazione di Buttafuoco si fonde e si alterna alle ballate di Incudine che intreccia una tessitura di note e parole che vanno dalla voce lontana dei carrettieri siciliani alle melodie delle serenate, fino ad arrivare alla Sicilia di oggi con le sue nuove parole e con la sua nuova musica sempre senza tempo. dal 29 settembre al 9 ottobre 2016: ore 21.00 (martedì 4 ottobre h 19; mercoledì 5 ottobre ore 17.00; domenica 2 e 9 ottobre ore 17.30)
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