“La storia e la vile uccisione di Khaled al-Asaad – decapitato pubblicamente dall’ISIS – ci insegna che non c’è spazio per le semplificazioni. I simboli sono importanti. E un albero è il simbolo della vita. Così Khaled al – Asaad vive oggi qui, in questo luogo di memoria e di civiltà, nel nostro Giardino dei Giusti. Un luogo che ormai è nella storia di Milano. Un luogo che sentiamo appartenere a tutti”.
“L’Associazione per il Giardino dei Giusti ha fatto questa scelta perché chi muore per la libertà di tutti vive nella memoria di ciascuno, senza alcuna distinzione. Il fatto che l’albero del Giusto Khaled al–Asaad nasca e fiorisca qui è un segno anzitutto della nostra unità: una unità che ha radici profonde e che nessuna follia di morte potrà spezzare”.
“Khaled al–Asaad non amava le pietre di Palmira soltanto come archeologo o come storico. Khaled le amava perché comprendeva che quelle pietre parlavano. Parlavano di civiltà. Parlavano e parlano di luoghi dove per secoli Oriente e Occidente hanno convissuto”.
“La lugubre campagna di distruzione della memoria, iniziata in Afghanistan con la distruzione dei Buddha di Bamiyan, e proseguita a Ninive e in tanti altri luoghi di cultura, ha avuto a Palmira il suo epilogo, con la morte di Khaled”.
“Così i nemici di Palmira sono gli stessi nemici di Parigi, di New York, di Madrid, di Londra, di Mumbai, di Bali, di Nairobi, di Tunisi, di Ankara, di Beirut. di tutti i luoghi dove il terrorismo ha seminato la morte. E sono i nostri nemici”.
“La scelta di Khaled ci indica la strada per vincere il terrore e il terrorismo. Il terrorismo non è una fatalità, non è invincibile. Al terrorismo ci si può opporre, anche a costo della vita. Il terrorismo vive e prolifera sul nostro smarrimento e sulla nostra mancanza di memoria. Vive e prolifera sulla paura, sulle nostre incapacità a creare vera integrazione, vero dialogo. Un dialogo che non può che avere, come presupposto condiviso, il più rigoroso rispetto della legalità”.
“Su questi fronti Milano ha dato prova di impegno, di unità, di progettualità. Non siamo rimasti fermi di fronte agli immensi problemi che la storia e l’attualità ci hanno messo davanti. Abbiamo accolto – com’era umano e giusto fare- chi fuggiva dalle guerre e dalle dittature. Abbiamo costruito reti di dialogo tra culture e religioni. Abbiamo costruito progetti e spazi in cui le diverse appartenenze si sentissero parte di una città comune. Nei quartieri, nelle scuole, nell’amministrazione, abbiamo voluto una città aperta, ma severamente chiusa a chi porta messaggi di violenza e morte”.
“Milano c’è, Milano continua nel suo lavoro di libertà, con orgoglio, con fierezza, con amore totale per il diritto, la democrazia, la vita. Milano c’è e ci sarà, per portare ovunque e sempre il suo abbraccio e la sua collaborazione a chiunque nel mondo lotti per la convivenza pacifica delle donne e degli uomini di ogni appartenenza. E allora siamo noi oggi a dire grazie a Khaled. Grazie per quello che ci ha insegnato. Grazie per farci riflettere. Grazie per essere qui, in mezzo a noi, giusto tra i giusti”.
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