Quante sono le facce di Prato? La risposta può stare forse in quel numero di 119 nazionalità straniere che lì convivono, quasi il venti per cento dei 200mila abitanti; con alti e bassi, ma sempre più alla ricerca di forme di conoscenza reciproca e rispetto. Un vero e proprio laboratorio, cui cerca di dare voce un progetto culturale inedito messo in piedi dal Museo del tessuto e dall’associazione Compost con il contributo della Regione; si chiama Facewall Prato, 100 intrecci di mondi possibili.
Una mostra che intende dare continuità all’esperienza delle 100 foto, commissionate dai curatori di Compost, la regista Cristina Pezzoli e l’attore Shi Yang Shi, alla fotografa Ilaria Costanzo, divenute a loro volta 10mila bandiere disitribuite gratis ogni settimana dal dicembre 2013 al giugno 2014 ai cittadini pratesi che le hanno appese dove volevano; balconi e finestre di case, scuole, negozi e fabbriche. In ognuna un italiano e uno straniero che collaborano insieme nei settori più diversi o magari sono solo amici.
“Attraverso la collaborazione offerta a Face Wall grazie al progetto regionale per Prato, abbiamo dato continuità e sostegno al nostro disegno di fare dei musei toscani luoghi vivi e aperti alle dinamiche sociali – ha sostenuto l’assessora regionale alla cultura Sara Nocentini presentando stamani l’iniziativa insieme a Shi Yang Shi e al presidente della Fondazione Museo del tessuto di Prato Andrea Cavicchi -, spazi di condivisione sociale e simboli concreti di una società capace di accogliere e convivere partendo dai gesti quotidiani, piccoli solo in apparenza”.
L’allestimento della mostra, che aprirà i battenti il prossimo 22 marzo fino al 27 settembre, ha previsto l’esposizione di 50 dei 100 scatti realizzati per le bandiere l’anno scorso; a ciascuna foto è stato collegato un cortometraggio che racconta i due protagonisti delle foto ritratti nel loro ambiente mentre raccontano i loro legami. I cortometraggi sono stati realizzati in collaborazione con il collettivo John Snellinberg, già vincitore di premi importanti come lo Houston film festival e il Roma indipendent film festival.
In sostanza la rappresentazione di un mondo che vuol conoscere e farsi conoscere, rappresentato nei suoi innumerevoli volti: il tempio buddista accanto all’oratorio cattolico, i pronto moda e le fabbriche di tessitura, macellerie islamiche, scuole, matrimoni cinesi e bambini che imparano insieme a suonare tromba o violiono e a ballare la salsa. Un grande affresco di una Prato spesso sconosciuta che diventa quel laboratorio sociale già ricordato per un futuro fatto di incontri di tante culture.
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