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Occhi padovani scopriranno il gioiello della terra

Due satelliti, trentacinque “occhi” e un milione di stelle per scovare i gemelli della Terra. E’ questo il risultato della riunione dei vertici dell’Agenzia Spaziale Europea, tenutasi ieri a Parigi, che hanno approvato il progetto per la costruzione e lancio di Cheops e Plato, sonde spaziali che troveranno anche pianeti di tipo terrestre vicini a noi. Il cuore dei due satelliti è rappresentato dal sistema di telescopi, progettato a Padova, la città dove Galileo 400 anni fa alzò per la prima volta al cielo il suo cannocchiale al cielo.

CHEOPS volerà nel 2017 in orbita attorno alla Terra, mentre PLATO salirà in rampa di lancio nel 2024 per immettersi in orbita attorno al Sole. I telescopi montati sui due satelliti, veri e propri osservatori astronomici specializzati in queste ricerche, saranno molto diversi fra loro. Su CHEOPS uno unico scruterà una stella alla volta, mentre il rivoluzionario PLATO avrà ben 34 obbiettivi grandangolari che scandaglieranno per 8 anni il cielo. In entrambi i casi comunque il loro compito è comprendere la struttura di altri sistemi solari, scoprire la composizione e la struttura dei loro esopianeti e trovare dove sono, nelle vicinanze del Sistema Solare, quelli gemelli della Terra. Il gruppo padovano che lavorerà alla costruzione dei due satelliti e allo sfruttamento scientifico dei dati comprende ricercatori dell’Osservatorio Astronomico di Padova dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e del Dipartimento di Fisica e Astronomia “Galileo Galilei” dell’Università di Padova ed è finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana. “Verrà prodotto un inventario di pianeti che sarà oggetto di ricerche per decenni a venire – spiega il prof. Giampaolo Piotto dell’Università di Padova – ; una rivoluzione culturale comparabile a quella dei primi cataloghi stellari.” “Gli occhi di PLATO sono costati lo sforzo di un gruppo di giovani scienziati padovani che per alcuni anni hanno concepito, disegnato, realizzato un prototipo che e’ stato testato nelle condizioni estreme del vuoto cosmico, convincendo l’Agenzia Spaziale Europea che i tempi erano maturi per questo epocale progetto”, aggiunge Roberto Ragazzoni dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. “«Con un contributo italiano di rilievo anche nel campo dell’elettronica di bordo –osserva la prof.ssa Isabella Pagano, dell’INAF-Osservatorio di Catania -, la costruzione degli strumenti di PLATO è una straordinaria opportunità non solo per i ricercatori italiani (oltre un centinaio quelli coinvolti) ma anche per la nostra industria che vanta competenze di punta proprio nei settori dell’ottica e dell’elettronica spaziali”. Entrambe le missioni godono di un respiro europeo e sono giunte alla selezione dopo una dura sfida che ha visto in competizione le migliori proposte spaziali di tutto il vecchio continente.

Redazione

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