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Conservazione e restauro del Convento di San Domenico di Soriano Calabro. Un contributo dell’architetto sorianese Nazzareno Davolos

 Dopo lo studio sulla storia urbanistica di Crotone realizzata nella città pitagorica nel 2007, sotto la guida del compianto prof. Enrico Guidoni e dopo il resoconto su uno studio effettuato nella sua terra natia, “ Il modello urbanistico della strada trapezoidale a Soriano Calabro”, con ampia descrizione del rito pasquale che è la “Cunfrunta”,  pubblicato nel 2008 in “Il tesoro delle città” dell’Editore Kappa di Roma., a complemento del precedente studio su Il Convento domenicano e l’urbanistica di Soriano Calabro (secoli XVI – XVIII) e pubblicato nella stessa Collana nel 2006. Il sorianese Nazzareno Davolos, architetto specialista un restauro dei monumenti, ci offre ancora un suggestivo e intrigante lavoro sulla cittadina domenicana. Si tratta del progetto sulla “Conservazione e restauro del Convento di San Domenico di Soriano Calabro” pubblicato sul n° 2 del 2009 del Rogerius, bollettino semestrale dell’Istituto della Biblioteca Calabrese di Soriano, e tradotto in lingua inglese, l’anno precedente, sul n° 8 di “Quaderni di Scienza della Conservazione” di Bologna. Sono studi, questi del Davolos, che costituiscono una sorta di raggi X degli anni e dei secoli che hanno visto l’incremento urbanistico, economico, sociale e di fede  della cittadina sorianese attorno alla fondazione del primo convento domenicano voluto fortemente da questa comunità a seguito dell’apparizione, 15 settembre 1530,  del “Quadro”, l’Icona achiropita e taumaturgica che raffigura San Domenico detto, da allora, di Soriano. Convento, la “Santa Casa” e considerato anche “l’occhio destro dell’Ordine Domenicano”,  distrutto una prima volta dal sisma del 1659 e l’altro, più devastante, nel febbraio del 1783. Lo studio, oggetto di questa nota, si concentra prettamente su un progetto che, secondo l’Autore, “è stato redatto con l’intento di conservare e trasmettere alle future generazioni il monumento nella sua autenticità, nella sua consistenza materiale e formale, con i segni del passaggio del tempo”. Perché, come scrive lo Storico dell’Arte Mario Panarello autore di un pregevole progetto di conservazione e valorizzazione del Museo dei Marmi del convento domenicano, “questi organismi in rovina, se non possono più svolgere l’antica funzione, segnano tuttavia un momento della storia e della cultura di una comunità e di un  luogo”. A maggior ragione, ciò che ci tramanda Soriano, scrive ancora Panarello, “è veramente significativo […] tanto da travalicare il contesto storico locale. [Perché] la sua condizione di rudere non passa inosservata neppure al viaggiatore distratto, ponendo spontanei interrogativi per la sorprendente mole di quanto rimane[che] porta con sé una grande storia”. Tornando al progetto dell’amico Davolos, esso “segue l’indirizzo del restauro critico – conservativo con la salvaguardia del dato figurativo e artistico del Convento che è stato analizzato tramite un’accurata lettura storico – critica”. Insomma l’Architetto sorianese ha in animo di fare della Santa Casa un grande museo all’aperto tale da essere fruibile da studiosi e cultori che qui si portano anche da oltre i confini nazionali. Si può fare! In tal senso, precisa Davolos, “il progetto, al fine di garantire una vita lunga e sicura, prevede operazioni tecniche di carattere conservativo, tese a preservare il convento dal deperimento fisico, ma anche il suo recupero ai fini sociali e culturali con funzioni di uso appropriato”. I lavori di conservazione e di restauro prevedono interventi mirati sulle parti architettoniche che maggiormente caratterizzano l’imponenza e il gran valore dell’intero complesso conventuale. Innanzitutto, il progettista e studioso prende avvio dalla facciata della chiesa antica distrutta dai terremoti del 1659 e del 1783. Questa necessita di essere preservata dai danni derivanti dagli agenti atmosferici ed in particolare dalle acque piovane che indeboliscono la struttura lapidea perché “la pietra presenta un suo degrado ‘naturale’ aiutato dalla scarsa manutenzione, evidenziato da zone compromesse, dalla presenza di fenomeni di distacco e lacunosità del materiale”. Pertanto “è importante non abbandonare la facciata allo stato di rudere: sono sufficienti interventi minimi non invasivi né distruttivi, reversibili, compatibili con la preesistenza”. Quindi l’intervento si sposta al campanile che “alla base della parasta” è interessato da “lesioni causate dalla lacuna del concio un pietra granitica su cui sarebbe importante intervenire inserendo un elemento per colmare la mancanza” ma si rischia di compromettere l’originario. E allora? Davolos suggerisce “la ricostruzione del profilo con l’impiego di materiale differente ma che deve possedere analoghe caratteristiche meccaniche e chimico – fisiche per assicurare nel tempo un’omogeneità di comportamento”. Infine l’abside sulla quale, essendo arrivata fino a noi solo una curvatura della calotta, si può intervenire con la “ricostruzione della volta da realizzarsi  in rame di spessore sottile e sorretta da una struttura metallica leggera” tale da richiamare il monumento primitivo.giacchè ricostituirlo appare impossibile. È evidente che le proposte di conservazione e restauro avanzate da Davolos sono confortate e supportate da attenti studi di laboratorio e osservazione al microscopio stereoscopico e con la diffrazione dei raggi X tendo conto anche delle nuove riclassificazioni sismiche che interessano Soriano e il territorio delle Serre. Con questo studio progettuale, per concludere, Nazzareno Davolos, per metà sorianese e per l’altra metà di sangue serrese, al pari di chi scrive, ci regala un’ulteriore prova delle sue indiscusse e acclarate qualità professionali che non sono solo frutto di sapienti studi, ricerche e creatività ma anche amore per la propria terra vissuta con i sentimenti di un figlio della diaspora.      

Redazione

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