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Mostra di Giorgio Celiberti a Villa Manin di Passariano

Si Inaugura oggi, venerdì 31 maggio, Giorgio Celiberti, Diario (1947 – 2013), la mostra antologica dedicata al maestro friulano visitabile presso Villa Manin di Passariano (Codroipo – UD) dal primo giugno al 22 settembre. Aperto tutti i giorni dalle 11.00 alle 19.00. Chiuso il lunedì.

Il percorso espositivo, antologico, mette in risalto l’itinerario mentale di un uomo che ha fatto dell’arte l’essenza della propria vita. Le tempere, gli oli, gli affreschi, i vetri, le sculture, i colori, i suoni, le parole inanimate prendono forma, diventano poesia e nella loro unicità dialogano con lo spettatore che vorrà intraprendere il cammino per la conoscenza dell’artista.

Il romanzo dell’arte plasmato nell’arco di quasi settant’anni è qui narrato in cinque fasi attraverso trecento esperienze nella quasi totalità inedite, vissute tra il 1947 e il 2013. Gli esordi, il periodo romano, Terezin, l’affresco e l’interesse archeologico, la scultura si dipanano lungo un percorso ove opere e ambienti si integrano perfettamente. Il percorso espositivo si sviluppa a partire dalla giovinezza in cui la produzione è caratterizzata da una tavolozza accesa e squillante, influenzata dalle suggestioni dei suoi soggiorni a Venezia, Parigi, Bruxelles, Londra e Sud America.

Tornato in patria nel 1958 si stabilì a Roma. Questo è il periodo in cui le opere sono influenzate dalla maniera di Guttuso, anche se i suoi soggetti si dilatano sino a giungere ad uno sfaldamento che rende i contorni simili a presenze positivo-negative, che lasciano presagire i successivi sviluppi verso il segnismo.

Nel 1965 Celiberti che aveva già cominciato a cedere alla pittura di gesto, dopo la visita al campo di prigionia di Terezin presso Praga, dove migliaia di bambini ebrei trovarono la morte, cominciò ad affidare il suo estro pittorico al segno contraddistinto da colori scuri. Sviluppò il suo discorso dando vita a una serie di quadri in cui compaiono i simboli di quell’ esperienza: scritte, croci, simboli nazisti, numeri, cuori, farfalle. I segni si fecero via via incisioni che richiedevano una superficie più adatta allo scavo. Nascono così all’inizio degli anni Settanta gli affreschi, in cui oltre al motivo del Lager sviluppa il suo interesse per le vestigia del passato. Ritorna l’interesse per la figura indagata attraverso forme antropomorfe simili a impronte fossili e da un viaggio presso la Necropoli di Porto nascono i Muri nei quali ciò che conta è il modo di trattare la materia.

Negli ultimi anni la sua ricerca si focalizza sulla scultura in cui si attesta la prolungata ricerca di variazione di una composizione di base, perlopiù costruita con i medesimi segni che sono il risultato di una ricerca assidua in continuo divenire. Cavalli, Gatti, Uccelli dapprima e poi Stele, Cippi, Bassorilievi raggiungono un’osmosi perfetta con la sua pittura astratto-espressionista. “Nell’arte trovo l’universo che amo”. Questa breve frase, dice molto di più di ogni commento ed elaborazione critica che si possa fare sul suo lavoro, le parole dell’artista sottendono una concezione del fare artistico caratterizzata da un costante desiderio di fare, di sperimentare, di imparare.

A tutt’oggi il maestro si mette in costante discussione e fa fronte al suo operato con la stessa energia, che lo ha ininterrottamente accompagnato per tutta la vita. Il volume che accompagna l’esposizione traccia il percorso umano e figurativo di Celiberti indagato sotto una nuova luce attingendo alle fonti documentarie – inedite – conservate dallo stesso artista.

I contributi in catalogo sono di Massimo Recalcati, Eliana Bevilacqua, Katia Francesca Onofrio e Chiara de Santi.

Redazione

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