L’unico superstite de Le Orme, Michi Dei Rossi ci propone una nuova veste da quella che eravamo abituati a vedere ossia Tagliapietre e i due tastieristi. Attualmente Michi ha allestito forse la versione migliore dagli anni Settanta ad oggi. Lo abbiamo incontrato prima del concerto a Catania:
Le Orme vengono da una cultura Beat. Come si è evoluta nella band questa filosofia?
“Non c’è più quel tipo di filosofia, significava fare musica ed essere tutt’uno con il pubblico. Negli anni 60-70 eravamo noi giovani con i giovani e rappresentavamo la stessa cosa. Noi suonavamo la musica di rottura socialmente e politicamente, loro ascoltavano ma diventava una cosa solo perché noi eravamo fan di noi stessi, cioè fan di quello che era il movimento. Ora si ascolta quello che passa la radio o la televisione. Questa non è verità, la verità è il progressive, il jazz, la musica classica o quella etnica contaminata con il basso e la batteria”.
Perché “Le Orme” hanno un successo maggiore all’estero che in Italia?
“Noi abbiamo lo stesso successo in Italia di quello che abbiamo in Inghilterra o in America. Il problema è che in Italia la musica che noi facciamo, cioè il progressive, non è organizzata. Mentre all’estero ci sono i festival. Il 12 settembre in Canada per un festival rock progressivo, in tre giorni i posti erano già esauriti, hanno dovuto cambiare teatro perché continuavano le richieste. Se fai un festival in Italia, in una grande città, viene poca gente. Perchè in Italia il rock progressivo e tutta un’altra cultura”.
In cosa le Orme si distinguono con le altre due band che hanno avuto un percorso analogo, come il Banco e la PFM?
“Credo la melodia, il sapere melodico per me è importantissimo al pari del fattore strumentale. La melodia è alla base della diversità con il Banco e la PFM, perché loro fanno una ricerca basata sul fattore strumentale, noi abbiamo la caratteristica della melodia italiana, quella veneziana, della nostra terra, insomma”.
(foto A. Capone)
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