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La Chiesa ricorda la prima traslazione del corpo di san Domenico di Guzman

Oggila Chiesa fa memoria della prima traslazione del sacro corpo di san Domenico di Guzman, meglio conosciuto nel Regno delle due Sicilie per secoli e nel resto del mondo, soprattutto nell’America Latina, come san Domenico di Soriano per via della presenza, nell’antico e maestoso convento calabrese, di una achiropita e taumaturgica tela raffigurante il Santo apparsa miracolosamente ad un frate domenicano qui dimorante. Il nostro Santo, sentendosi vicino la morte, manifestò il desiderio esclamando:  “A Dio non piaccia ch’io sia sepolto in altro luogo, che non sia sotto i piedi dei miei Frati!”. Cioè nel convento di Bologna. Così fu fatto. Ma l’umile tomba, in S. Niccolò della città felsinea, attirava moltitudini di fedeli desiderosi di prostrarsi e chiedere grazie e miracoli. Allora si pensò, come scrivono le cronache del tempo, di traslare sacri resti in luogo più degno. Questa prima traslazione fu fatta il 24 maggio del 1233.  Erano presenti molti Vescovi, illustri personaggi, il Beato Giordano, successore di san Domenico e più di trecento frati. Appena fu smossa la pietra sepolcrale un odore soavissimo cominciò a diffondersi, mentre gli occhi dei frati e dei fedeli si bagnavano di lacrime. Il sacro corpo fu trasportato in un’apposita cappella e chiuso in un semplice monumento di marmo. Nel 1267 si volle arricchire la tomba di sculture e quindi di nuovo le reliquie del glorioso Patriarca furono rimosse in data 5 giugno. Il 15 febbraio 1383 fu ancora aperta la cassa per toglierne il capo e riporlo in un prezioso reliquiario. Nel 1473 il monumento fu rinnovato, e per opera di Niccolò Pisano è divenuto uno dei più bei monumenti sepolcrali. Altre traslazioni, senza però aprire la cassa, furono eseguite l’11 novembre 1411 e il 25 aprile 1605, quando fu definitivamente trasferito nella sede attuale. Il 23 agosto 1946 i preziosi resti furono riportati con solenne pompa nell‘artistica Arca, da dove erano stati estumulati, il 17 aprile 1943, durante l’infausto periodo della seconda  guerra mondiale.

Redazione

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