Avetrana parte civile nel processo per l’omicidio di Sara Scazzi

L’iniziativa, annunciata in passato, sarà formalizzata questa mattina dall’avvocato Pasquale Corleto, quando prenderà il via il giudizio in Corte di Assise a carico di nove imputati. “La nostra è una decisione praticamente obbligata. Lo dobbiamo alla memoria della piccola Sarah ed alla nostra gente”  –  spiega il sindaco Mario De Marco. “Avetrana  –  si legge nell’atto di parte civile  –  si è guadagnata la triste fama di cittadina quasi omertosa, simbolo di un profondo sud, vittima ancora oggi di troppi luoghi comuni. Sono note le spedizioni dei cosiddetti turisti dell’orrore  –  continua l’avvocato Corleto  –  che si sono avventurati nei luoghi simbolo della vicenda: le vie in cui si trovano le abitazioni della famiglia di Sara e della famiglia Misseri, lo stesso cimitero che ospita la tomba di Sara, nonché il pozzo di campagna nel quale è stato rinvenuto il cadavere della ragazzina sono stati meta di veri e propri pellegrinaggi”.

“In questa dolorosa vicenda ci sono due vittime. La prima è certamente Sara, l’altra è la città di Avetrana”  –  rincara la dose il vice sindaco Alessandro Scarciglia. “Gli avetranesi  –  continua Scarciglia  –  hanno nel cuore Sara e sono offesi dal comportamento della famiglia Misseri. Perché a prescindere dalle singole responsabilità che saranno accertate nel dibattimento, sono stati loro a innescare la morbosa attenzione dei media su questo caso e la conseguente ripercussione negativa per l’immagine della nostra comunità”.

L’attacco sembra diretto proprio a Sabrina Misseri, la ragazza accusata con la madre Cosima Serrano di aver ucciso Sara il 26 agosto del 2010. Proprio lei dopo la scomparsa della quindicenne divenne il motore delle ricerche, mostrandosi più che disponibile con giornalisti e tv. Una farsa durata quarantadue giorni, sino a quando le ammissioni di suo padre Michele Misseri hanno fornito l’assist decisivo all’indagine. Quella disponibilità si è esaurita dopo oltre un anno trascorso dietro le sbarre. Al suo legale, l’avvocato Nicola Marseglia, Sabrina ha già fatto sapere che non intende farsi riprendere o fotografare durante il processo. Quando con la madre prenderà posto nella cella della Corte di Assise riservata agli imputati. “Non intendo fare l’animale in gabbia”  –  ha detto all’avvocato nel corso dell’ultimo colloquio in carcere. E proprio l’attenzione della stampa sul processo ha creato non poche difficoltà nel tribunale di Taranto. Per la prima udienza sono arrivate in cancelleria oltre cinquanta richieste di accredito.

Redazione

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