La nostalgia di un’Italia povera ma felice

C’era un’Italia fatta di dignitosa povertà, in cui le differenze erano le famose “toppe” che le madri di allora pazientemente cucivano sui pantaloni corti, i famosi pantaloncini corti con le bretelle, che poi erano i pantaloni di papà nel caso peggiore, o dei fratelli maggiori. Toppe più o meno vicine al colore del tessuto del pantalone su cui andavano cucite. Ma anche allora c’erano gli “agiati” e la differenza era poca cosa. In quell’altrove la merenda consisteva in un bel panino imbottito con un uovo fritto quando andava bene, se no, olio-sale-origano-pomodoro. Il frigo era un lusso e i cibi si conservavano dentro una cassetta appesa a ridosso della finestra della cucina; come pure la tv che per vedere la famosissima serie televisiva “Rintinti” da chi a quei tempi la possedeva bisognava pagare l’ingresso ed i bambini dovevano sedersi a terra e non sui divani foderati con un telo di plastica trasparente per non rovinarsi. Era l’Italia della ricostruzione post-bellica, c’era un gran da fare. I ragazzi erano felici e pieni di salute, perché la loro palestra erano i campetti e le strade e rientravano a casa all’imbrunire. La vasca da bagno consisteva in una bacinella di lamiera zincata, all’impiedi e si lavavano con il sapone di marsiglia. Oggi in questo mondo che conosciamo tutto quello sopra descritto è archeologia, arretratezza, che sia vero? Non ci pare perché a questo mondo che conosciamo preferiamo quello di ieri; oggi c’è troppa schiuma e troppa scelta, troppa abbondanza di cose equivalenti di cui sono pieni gli scaffali dei supermercati. Che nostalgia degli spaghetti spezzati e avvolti in quella carta di paglia, nostalgia delle sigarette vendute sfuse, del telefono a gettoni, del bottegaio sotto casa e di tutte quelle biciclette che invadevano le poche strade; e che dire del profumo di pane appena sfornato che usciva fuori dalle botteghe? Oggi questi profumi non li sentiamo più per strada, al massimo quello degli scarichi delle autovetture incolonnate ad un semaforo; e poi sono tutti che hanno fretta, tutti di corsa, senza neanche il tempo di chiedere a qualche amico: come stai? Che difficile è il vivere! Non c’è dubbio oggi si sta veramente più bene di ieri, siamo vestiti tutti alla stessa maniera, tutti portiamo un tatuaggio o un pezzo di metallo conficcato in un labbro, in un orecchio, nell’ombelico, sulla lingua; possediamo un’autovettura… insomma abbiamo tante di quelle cose che alla fine siamo costretti a lavorare per potercele mantenere, ma siamo sicuri che siano così indispensabili? Siamo nostalgici e non ce ne pentiamo. In questo paradosso ci viviamo male, anzi malissimo per via della troppa solitudine, del troppo squallore, del troppo letame!  E allora? Come scrisse Arthur Schopenhauer :  “ O pensi o Credi “ io ho scelto di pensare.

Redazione

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