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Calenzano, La Porta al Teatro Manzoni

Riduzione per la scena di Stefano Massini, dal romanzo di Magda Szabò, con Barbara Valmorin e Alvia Reale, collaborazione Teatro delle Donne – Centro di Drammaturgia / Metastasio – Teatro Stabile della Toscana, martedì 20 settembre alle 21:30 a Calenzano (FI) va in scena La Porta. Magda Szabò è unanimemente considerata la più importante autrice ungherese contemporanea e “La porta” il suo capolavoro. Adesso questo libro straziante e bellissimo trova finalmente un approdo scenico anche in Italia, dopo i successi che l’hanno caratterizzato all’estero. Motore di questa appassionata iniziativa è Barbara Valmorin, che proprio dalla Szabò ha ricevuto l’investitura – umana e artistica – per portare in scena il testo: ne nasce un’inedita alchimia fra due attrici (Alvia Reale nel ruolo della scrittrice) e il drammaturgo Stefano Massini a cui è affidata la versione teatrale. Il libro è un’indagine spietata sul legame che si crea fra due donne diversissime, all’apparenza quasi opposte. Da un lato c’è la scrittrice Magda, agiata e sola, piena di dubbi e di emotivi tremiti. Dall’altro lato c’è lei, la cosiddetta “vecchia”: Emerenc, assunta come donna delle pulizie. Emerenc si presenterà fino da subito come una personalità singolare, fuori dagli schemi: sempre lei a stabilire le regole e perfino il contratto di lavoro, le ore da lavorare e la paga. Grande lavoratrice, silenziosa, emblema dell’ombrosità, eppure impeccabile in tutto quello che fa. Ma soprattutto Emerenc non accetta di condividere niente di se con nessuno al mondo: mantiene una distanza di sicurezza fra sé e gli altri e non permette ad anima viva di varcare la porta della sua casa. La porta, appunto: un bastione sbarrato perfino agli affetti più cari. Nascondendo cosa? “La porta” è un romanzo che ci riguarda, senza eccezioni. Non solo perché nelle sue pagine scorre tutta la storia europea del ‘900, ma soprattutto per quel dire senza mezzi termini – e talvolta con verità insopportabile – quanto sia drammatico cercare un equilibrio fra affetto e premura, cioè fra amare qualcuno e consentirgli di essere se stesso, senza doverlo a tutti i costi “controllare”. Perché se è vero che il nostro verbo “capire” deriva dal latino “capere” che significa “prendere, fare proprio, conquistare”, la scrittrice Magda non accetta di non capire Emerenc, cioè che molto di lei le sfugga. Vuole farla sua, circoscriverla. Insomma, terribilmente: abbattere quella porta. www.teatrodelledonne.com.

Redazione

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