Nell’estate del 2010, Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli erano stati licenziati, con la contestazione da parte dell’azienda di aver sabotato la produzione durante uno sciopero interno, ed erano poi stati reintegrati dal giudice del lavoro. Momenti di tensione si sono verificati davanti al Tribunale di Melfi (PZ) quando alcuni lavoratori hanno visto i legali della Fiat e hanno gridato più volte “vergogna”. La tensione è durata pochi istanti e – dopo l’intervento della Digos – gli avvocati hanno potuto poi lasciare in automobile il tribunale di Melfi. Alla notizia della sentenza, all’esterno del Tribunale, alcuni lavoratori della Fiom sono scoppiati in lacrime, mentre i tre operai sono a colloquio con altri sindacalisti, tra cui il segretario nazionale, Maurizio Landini. “Il giudice ha accolto il ricorso presentato dalla Fiat e per questo ci diciamo indignati” ha dichiarato Landini, commentando la sentenza. Landini ha annunciato che il sindacato presenterà ricorso contro la sentenza: “Non lasceremo soli i tre lavoratori, che – ha sottolineato il segretario della Fiom – resteranno transitoriamente licenziati e senza stipendio. Daremo loro la nostra massima collaborazione e il nostro massimo sostegno”. La vicenda di Melfi si intreccia con lo stato di tensione nelle relazioni industriali in casa Fiat, tra l’azienda e la Fiom. Per venerdì 15 infatti, il sindacato dei metalmeccanici della Cgil ha proclamato otto ore di sciopero, per turno, negli stabilimenti di tutto il gruppo. Gli operai protesteranno contro il mancato pagamento del saldo del premio di risultato e per i diritti dei lavoratori. “Le lavoratrici e i lavoratori non accettano – si legge nel volantino a sostegno dello sciopero nazionale – che mentre si erogano centinaia di milioni agli azionisti e si danno migliaia di euro ai capi e capetti si continui a negare quanto dovuto a chi produce e paga il prezzo più alto della crisi”. Le tute blu guidate da Landini chiedono ora il saldo del premio, che non viene pagato da 3 anni. E respingono “l’arroganza” della Fiat, con la difesa del contratto nazionale di lavoro.
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