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Chieti, Sixty necessario intervenire a rischio 250 posti di lavoro

Nel giro di due anni sono a rischio 250 posti di lavoro nello stabilimento teatino. Carbone (FLI) torna sull’argomento Sixty: “Questo significa che la crisi di matrice prima finanziaria e poi manifatturiera si è irradiata nelle molteplici configurazioni del terziario, determinando con il calo dei consumi, il calo del commercio e delle professioni. Nel caso della Sixty che in questi anni è ricorsa con l’avvallo dei sindacati a diversi ammortizzatori sociali dalla cassa integrazione ordinaria e straordinaria alla mobilità volontaria perdendo oltre 100 posti di lavoro. Il rischio è che gli effetti della crisi che sono tangibili vadano ad impattare eccessivamente sui lavoratori. La crisi morde ancora la provincia di Chieti, i dati del secondo trimestre sulla disoccupazione danno un aumento in termini  percentuali rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e conforta poco il guadagno di un punto sul trimestre precedente, gli “effetti devastanti” della crisi agiscono sia sull’aumento del tasso di disoccupazione che sulle persone in cerca di lavoro. Il problema è che questi dati sono in percentuale al di sopra della media nazionale. La crisi della Sixty si spiega anche con la particolare struttura del settore molto esposto alla concorrenza estera. Da un lato la crisi di un azienda cosi’ importante che impatta significativamente sul territorio ha riflessi sulle piccole imprese legate all’indotto e dall’altro diminuisce fortemente il potere di acquisto delle famiglie. A questo punto afferma Carbone: “diventa necessario mettere sul tavolo un patto per lo sviluppo. Il patto è importante perché supera la logica della contrapposizione e della disputa ideologica. Penso anche che in quel patto sia necessario porre l’accento sull’innovazione, ma per funzionare deve avere una conferenza permanente sul lavoro aperta agli amministratori locali, politici di minoranza compresi, ai sindacati e al mondo imprenditoriale. Bisogna incentivare il polo tessile e questo significa dare una risposta concreta ad aziende che hanno bisogno di elevare il livello qualitativo nella produzione e nel marketing, ma anche stimolare la mentalità di partenariato, finora poco praticato nel tessile aprendosi a  Cna, Confartigianato e Confindustria. A questo punto sarebbe  opportuno porsi obiettivi precisi, avendo bene in mente le risorse disponibili, sia statali che comunitarie. C’è bisogno poi di un rapporto serio e lungimirante tra le istituzioni e le banche. Infine è necessaria una riflessione sui temi della crescita economica che coinvolga tutti, non solo la politica”.

Redazione

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