Quel lato oscuro

 

Di Vincenzo Calafiore

23 Marzo 2024 Udine

 

Uno come me non può che vivere in un

– fuoriscena – permanente o da esiliato, perduto in un gioco narrativo che favorisce il silenzio, la riflessione, l’osservazione, la storia dell’uomo costruita attraverso le varie voci dell’anima.

Serpeggia in me, la mia malinconia, un contrappunto amaro di dolcezza sfiorita, dell’andare nel tempo inarrestabile e pure di quel grande deserto di passato che nessuno mai ha osato poter esplorare.

Nella mia dorata conchiglia della

presenza-assenza, risuona la voce del grande e cinico dispensatore, di un’immortalità di carta, nei miei racconti è vero, nessuno muore e se un personaggio è amato, per resuscitarlo e riportarlo nella sua vita, basta tornare in dietro di alcune pagine.

Sono un personaggio scomodo, che ha sempre vissuto con pari intensità vita e letteratura, medito sul vuoto esistenziale, misuro la velocità del pensiero.

Ma ho sempre in testa la scritta anonima lasciata sulla murata interna di un ferry-boat, avevo appena tredici anni e già camminavo portandomi dietro una matita e un foglio di carta per scrivere un verso, sul quel lungomare di fronte alla Stretto.

Ho raccontato mille storie di questa umanità in movimento nei deserti lasciati dalle guerre, nei dolori delle vite rapite, protagonisti che non sono mai finiti con la fine dei libri … Non muore nessuno è anche una formidabile trappola d’inganni, colgo la febbre dei dettagli fisici, le psicologie tormentate, le scacchiere della mente …. Scorrono veloci celando un sottosuolo di melanconici ricordi, dolori, ferite mai guarite. Le immagini più care, sempre uguali e insieme sempre altre a comporre la storia degli affetti, lo spazio virtuale della vita, tra le cose tangibili e grumose.

Figure attorte, tormentate, le cui vite spigolose, da cui spiccano occhi penetranti, ineludibili, che attraggono e sgomentano, occupano lo spazio vitale, mi parlano dell’anima nei suoi angoli cupi, inquieti, dolorosi.

Sono soprattutto corpi e volti sconosciuti che scavano, entrano sottopelle, non è che una parte dell’anima, il lato oscuro! E donne, poi, tante figure femminili di drammatica seduzione, di altissima fascinazione e provocazione, sia pure spezzate da mani capaci di dare dolore. Cos’è allora la vita, qual è il significato di questa umanità perduta?

Quel che resta è un vertiginoso senso di vuoto, di sgomento, la percezione di una via smarrita, dove cessano le esistenze e qualcos’altro nasce là dove la notte muore dentro il suo rammarico.

Delicato e protervo, cavaliere, ferito dal suo nulla, mi distanzio dalla realtà con le mie avventure negli spazi infiniti in un rigo tra parola e parola, si dissolve le madeleines di Proust nel sapore più crudo e dannato di un’orgogliosa cultura.

Fra gli insanabili affanni e le chimere, allegro e spensierato cantore dell’amore, testimone di come da una polverosa esistenza d’umana smarrimento, sale il più profondo amore per la vita: vexata quaestio! Quel lato oscuro che si specchia tra anima e vita.

 

 

Vincenzo Calafiore

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