L’emozione di perdersi

 

 

 

Di Vincenzo Calafiore

28 Settembre 2022 Udine

 

Sono diverse le percezioni della solitudine è del tutto personale.

Per alcuni essa è un fatto monocromatico, un qualcosa che non cambia mai nelle tonalità, e quando la sentono sopraggiungere avvertono lo stesso sgomento che proverebbero di fronte all’imminenza di una minaccia. Per far fronte al senso di angoscia conseguente, questi trovano rifugio nei rumori di sottofondo, come quello della radio, la televisione.

In maniera opposta si comportano coloro che accolgono la solitudine di buon grado facendone una cosa buona, e sarà inevitabile che siano invidiati per la familiarità con cui ne trattengono il rapporto.

La maggior parte degli individui, anche più timorosi, facendo uso dell’arte dell’evitamento, vorrebbero cancellare le emozioni facendo ricorso a certi riempitivi, atti a rinverdire l’illusione della vicinanza con persone che, come loro sono alla ricerca di un antidoto al terrore di trovarsi soli.

 

Accanto alle diverse strategie adottate c’è la dipendenza ai diversi artifici cui ricorrono, che immancabilmente finiscono per invadere la loro vita, fino a divenire essi stessi ostacoli per la libertà personale.

 

Tuttavia, il diffuso comportamento di evitamento della solitudine fa comprendere quanto forte possa essere la paura di trovarsi a stretto contatto con una tale condizione, facendo nascere spontanea la domanda sul – perché – essa comunichi sensazioni per lo più negative.

Con la chiarezza e il tono conversazionale che gli sono propri, questo – perché – induce a guardare dentro questo grande sentimento, ma con altri occhi, al fine di sconfiggere l’illusione che si possa cercare all’esterno un surrogato della completezza che il soggetto non trova all’interno della propria interiorità.

 

Si potrebbe reperire un’ulteriore modalità di comportamento che porta a considerare ed accogliere della solitudine l’aspetto della mutevolezza del quotidiano.

Chi infatti, è capace di sentire quanto possa essere preziosa, e anche in grado di considerarne, oltre alle note melanconiche di quanto diventa struggente, anche la fecondità dei momenti in cui essa suscita tranquillità, calma, possibilità di dialogo col sé più autentico.  E ciò in quanto la paura di guardarsi dentro rappresenta il più delle volte la molla che fa scattare il timore del silenzio, identificato con il nulla, col vuoto esistenziale.

“ Solo “ può definirsi così colui che oltre a prendere le distanze dagli altri, evita di entrare in contatto con se stesso, per fare i conti con le proprie emozioni e valutare le proprie scelte.

 

Ma è anche meraviglioso perdersi a guardare, immaginare, inseguire visioni fuori dalla realtà.

Sognare e vivere il sogno è una partecipe ed emozionata insistenza dello sguardo, il quale non è soltanto percezione, ma anche proiezione della propria anima, in cui si condensa la magia di un sentire la vita dentro rifiorire, è un incontro unico ed irrepetibile tra ciò che sta dietro l’emozione di amare l’unica possibile –vita – invece di rimanere chiuso nell’isolamento arreso e coinvolto senza colpe in un oscuro e assurdo inganno delle tante dorate illusioni nelle quotidianità proposte dalla realtà, di altri e non personale.

Vincenzo Calafiore

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