Friuli Venezia Giulia

Scrivere è un lavoro per …. vecchi

Non riesco a capire gli anni che mi sento addosso, potrei definirmi che sono “ vecchio” e allo stesso tempo sentire in me un qualcosa che tanto rassomiglia a una primavera, è così dirompente, così piena di grazia e m’incanto nel sentire la sua voce.

Ho già fatto il mio giro di boa dei 70, è stata  come una notte d’amore mercenario, ricordo di quella notte il disincanto, l’amarezza, la stanchezza che si deposita come ruggine nel fondo della volontà e dell’immaginazione.

Di quella notte sono rimaste solo le parole, le mie parole che sembrano più giovani di me, e sono parole che continuano a girare, a smuovere emozioni o tristezze; combattono nostalgie maligne e sono vive, e sempre in disparte nei più piccoli margini, sempre ai margini come puttane tristi .

Temo di non avere più ispirazione, non ho mai desiderato o voluto raggiungere il successo e non auguro a nessuno di raggiungerlo. Perché è un po’ quello che accade agli alpinisti, che si ammazzano per raggiungere la vetta e quando la raggiungono  … scendono.

Ecco perché  sono stato sempre in disparte.

A guardarli i miei anni  sembrano un paesaggio dai colori forti,  o parole scabre come l’esistenza, e stentano il loro cammino, ricordi pronti ad affacciarsi con i desideri antichi , e con tutti quei sogni uno dietro l’altro, in un’atmosfera allucinata, un buco nero nell’indifferenza.

Si avverte sotto questo cielo plumbeo un non so che di indefinito,

l’avverti e basta e, non è spossatezza, neanche quel mal stare indefinito ma che comunque è, c’è, e nulla va bene, nulla incontra la soddisfazione.

E’ per me quasi “ difficile “ parlare di un sentimento universale chiamato:

Amore.

E’ una condizione ritagliata in esigui spazi sedimentati  nelle malinconiche attese nell’aria attonita, opacizza i sentimenti, la gioia.

E’ un diffondersi di un’insinuante proiezione d’ombre, che fanno parte di questo orrendo presente; è come se un po’ tutti andiamo in cerca delle proprie ragioni di vita; si creano così  dimensioni  di vaga esistenza.

Si infittiscono i monologhi  interrotti dai ritmi costanti e incalzanti del nulla, che portano altre tensioni, le ossessioni per le guerre…. Come un intreccio mortale serrato di molti voci; e sempre agisce una frenesia fredda e glaciale di assenze e volute solitudini.

A mancare ora è la magia delle parole, c’è nell’aria l’odore acro della polvere che ricopre gli animi, in questo annunciato autunno.

Nel quale le nostalgie mordono il cuore, i luoghi e il tempo sono stati d’animo….. e davanti a un tramonto molti di noi si porteranno con sé la fragranza sibillina delle gardenie, l’odore di mandorle e la speranza inesauribile di tornare a sorridere, a vivere, ad amare anche in questa breve vice-vita.

Vincenzo Calafiore

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Vincenzo Calafiore

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