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La polimerizzazione: un processo chimico affascinante

Il ptfe è uno dei più importanti polimeri, usato in numerosi ambiti, che viene realizzato attraverso un processo noto con il nome di polimerizzazione a catena. Il procedimento di sintesi si svolge per via radicalica e richiede la presenza di un iniziatore adeguato: si può trattare di un perossido organico, di un persolfato o di un ossidante, come per esempio l’acqua ossigenata. Le condizioni di pressione e di temperatura cambiano in base al catalizzatore per cui si decide di optare.

Come avviene la reazione

Si può condurre la reazione in due modi: o per polimerizzazione in emulsione acquosa, visto che il ptfe è insolubile in qualunque solvente organico, o per polimerizzazione in sospensione. Ciò che conta è che si adoperi un tensioattivo perfluorurato, come possono essere il GenX o il pfoa. Vale la pena di precisare che la polimerizzazione rappresenta una reazione altamente esotermica, il che vuol dire che innesca uno sviluppo di calore molto significativo. Proprio per questo motivo c’è bisogno di accorgimenti ad hoc per fare in modo che la temperatura della reazione venga controllata e che non tocchi livelli eccessivi, cioè superiore agli 80 gradi. Se, infatti, si andasse oltre questa soglia, si avrebbe a che fare con una reazione esplosiva che favorirebbe lo sviluppo di carbonio e tetrafluorometano.

Le applicazioni dei polimeri e del ptfe

Aziende come Unigasket, punto di riferimento nella produzione di ptfe, annoverano tra i propri clienti industrie dei settori più diversi. Sono davvero tante, infatti, le applicazioni possibili dei polimeri. In odontoiatria, per esempio, di ricorre al ptfe espanso allo scopo di realizzare membrane non riassorbibili che sono necessarie per l’esecuzione delle operazioni di rigenerazione ossea guidata. Nell’industria dell’automotive, invece, i polimeri servono a ridurre l’attrito del cambio: in particolare nei sistemi di iniezione il ptfe contribuisce a contenere l’attrito di primo distacco. Ancora, merita di essere menzionata l’industria chimica, dove ci si avvale dei polimeri per la fabbricazione di guarnizioni e, più in generale, di parti che sono destinate a entrare in contatto con l’acido solforico concentrato o con altri agenti corrosivi. Una delle applicazioni più note del ptfe, poi, è quella dei rivestimenti antiaderenti delle padelle: uno strato sottile di ptfe viene applicato sulle superfici dei tegami per evitare che durante la cottura gli alimenti si attacchino al fondo.

Che cos’è la polimerizzazione

La polimerizzazione non è altro che una reazione chimica che consente la creazione di una catena polimerica. Quest’ultima è una molecola formata da tante unità ripetitive, cioè parti uguali che vengono ripetute in sequenza e che sono composte dalle unità monomeriche, cioè molecole più semplici conosciute anche con il termine di monomeri. Il polietilene, che è la materia plastica più comune, è un polimero che si ricava attraverso il procedimento di polimerizzazione a catena. Essa si differenzia dalla polimerizzazione a stadi per diversi aspetti, a cominciare dal peso molecolare delle catene polimeriche nel corso del tempo. Nel caso della polimerizzazione a catena, infatti, c’è bisogno di meno tempo per la formazione di polimeri ad alto peso molecolare, e le conversioni sono più basse. Inoltre, la polimerizzazione a catena si caratterizza per una viscosità elevata per quasi tutto il processo, in virtù del peso molecolare delle catene che è elevato. Qualsiasi specie può intervenire nella reazione in una polimerizzazione a stadi, mentre in quella a catena la reazione è possibile unicamente per le specie con un centro attivo.

La polimerizzazione in massa

Per produrre il pvc si fa riferimento alla polimerizzazione in massa: perché si possa verificare, è necessario che l’iniziatore sia solubile nel monomero di partenza. La polimerizzazione si verifica direttamente all’interno dello stampo, vale a dire in situ: ciò comporta dei benefici in modo particolare per il pmma. Un altro vantaggio da non sottovalutare riguarda l’assenza di solvente: questo implica che non vengono prodotte sostanze inquinanti, che i costi sono inferiori e che non ci si deve preoccupare di recuperare il solvente in seguito. I punti deboli della polimerizzazione in massa riguardano la comparsa di calore nel corso della reazione, che si disperde difficilmente, e l’incremento in breve tempo della viscosità. Inoltre, non è possibile effettuare reazioni nelle quali il solvente abbia parte attiva.

La polimerizzazione in sospensione

Per la produzione di pmma o di pvc si può ricorrere anche alla polimerizzazione in sospensione. Il monomero e l’iniziatore non devono essere solubili in acqua, mentre l’iniziatore deve essere solubile nel monomero. L’eliminazione degli stabilizzanti è lo svantaggio più evidente di questo processo, che invece ha come pregio la rimozione del calore: per agevolare il procedimento si realizza una sospensione in un mezzo disperdente piuttosto viscoso.

La polimerizzazione in soluzione

Per il pp, infine, si sceglie la polimerizzazione in soluzione, che ha come svantaggio la presenza del solvente. Un aspetto positivo è la scarsa viscosità, che comporta un controllo della temperatura agevole.

Redazione

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