Che cosa ci si può aspettare
Di Vincenzo Calafiore
30 Luglio 2020 Udine
“ … è di notte che si avverano
quei miracoli che ti portano
dove tu meglio stai, dove sei sicuro
di trovarla lì davanti agli occhi tuoi
ad attenderti. E’ un po’ come
una nave in mezzo a una tempesta
che guidata da un faro si mette in salvo.
Il più delle volte ci arrivi … a quel punto
e non trovi nessuno ad attenderti.
Questa è tristezza, il vero volto della
tristezza…. “ Vincenzo Calafiore
17-08-19 L.633/41 Proprietà
Intellettuale Riservata
In queste notti di luglio arse e deserte che ci si può aspettare se non il rimanere a fissare il cielo in cerca di qualcosa, cielo di tante stelle come dagli altopiani del Turkestan, vicine, così vicine da poterle toccare con le punta delle dita.
Accendo una sigaretta, come fanno tutti i Comandanti di nave,no, per fumare, ma per vedere se c’è qualche bava di aria.
E’ come essere in mare aperto a Sud in direzione dell’isola che non c’è, su una barca prigioniera della mogia di un mare non mare; le vele piene di vento si svuotano, si gonfiano al contrario e la barca ha un tremito da prua a poppa, è un brivido di freddo che dalle spalle scende giù fino alle gambe, come se si spegnesse il fuoco, vacillo, dinanzi al ricordo di lei che chissà su quale isola sperduta è prigioniera di un’apparente bonaccia.
In una notte come questa, che cosa ci si può aspettare?
Se non il desiderio di averti quì o di farsi ricordare da te?
Passata più ad ascoltare certe voci che vengono da lontano e troppo velocemente se ne vanno via tanto da non poterle ricordare, non poterle imparare!
Che cosa ci si può aspettare se non la nostalgia di te, che si muove come aria da respirare, tanto da farmi ritornare da te!
Amore così pieno da farmi ubriacare con un bicchiere vuoto di vino alle soglie di un mattino maledettamente vuoto, maledettamente silenzioso.
Io ti amo e in queste notti l’ho potuto raccontare al mare che sempre più m’avvicina a te che non ti fai mai bastare, che sbalzi tra occhi e labbra, mani e anima, dimmi perché mai ti fermi qui a questa soglia di sabbia bianca perlata di luna?
Questo non può bastare sai?
Non può mai bastare un tuo sì in mezzo a un oceano di solitudine.
Non può bastare e viene quasi voglia di lasciarsi andare come un treno in una lunga corsa che è quasi un addio, che sa già di addio.
Il tuo respiro è un vento di montagna secco e rovente lo stesso di quelle notti passate su certe rive come ombre nelle ombre della notte nei chiaroscuri lunari.
In questa notte ferita vorrei averti qui: per dirti che ti amo.
Da lontano giungono leggere note di sirtaki, l’animo si accende, il fuoco arde le mie mani sentono le tue, dita che si sfiorano, sfiorarsi e baciarsi rotolando come ciottoli tra le braccia della risacca.
Si me lo ricordo il sapore delle tue labbra…..
Ti amo.
Di un amore che forse non sono in grado di descrivere
forse unico, forse così a modo mio.
Ma nonostante tutto ci sono state volte che ho riso e pianto, pensandoti e immaginandoti; le braccia si allungano nel vuoto e torna quella strana sensazione di solitudine che ferisce e umilia.
In queste notti arse e piene di stelle,a mancare sei solo tu.
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