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Pura vida

Pura vida

 Di  Vincenzo Calafiore

Se mi venisse chiesto adesso se sto vivendo, forse risponderei di non sapere di vivere, questa così com’è non è vita; semmai è un insieme di cose diverse messe assieme, avvolte in un foglio di parvenza.

E’ un qualcosa che non ha profumo, o se c’è non è persistente, dura pochissimo, quasi niente; più che di vita si tratta di un immane ovile ove è possibile muoversi in tutte le latitudini, ma sempre entro le restrizioni, i confini, i limiti, le apatie, le indifferenze, le morti in solitudine, le solitudini, le tristezze, le illusioni e nulla di più, nulla di più vero di questa grande illusione.

Io credo invece di “ viaggiare” con la mia “ Pegasus “ di vivere a bordo di essa ove poter incontrare, Senofonte, Pericle, Platone, Socrates, Aristofane.

E’ un viaggio che non avrà mai una conclusione, ormai distante da questo pianeta, troppo distante dagli umani dipinti d’inganno.

Più guardo questo – grumo – di sangue e più mi viene voglia di non sbarcare dalla mia

“Pegasus “ .

Oh sì, c’è stato un tempo in cui valeva la pena di rimanere, c’era una vita che sapeva di musica, e la notte era illuminata da milioni di falò in riva al mare: che spettacolo era la vita!

Un giorno apparve all’orizzonte un carrozzone e una fila interminabile di giocolieri e saltimbanchi, acrobati, era arrivato il Circo, a capo di tutti lui: il Magnifico, il Signore dei Signori,  il mito, il dio dell’avanspettacolo …. Il Signor Mangiafuoco.

Accorsero tutti ai suoi spettacoli sempre più belli, sempre più allegorici, ma nessuno di questi si chiese: è il dietro le quinte, dov’era il dietro le quinte?

Tutto cominciò a ruotare attorno a Mangiafuoco.

Il dietro le quinte di questo fantasmagorico Circo sono, la corruzione, la perversione, la vita che vale meno di un pugno di sabbia, le incertezze, ma più di tutto le tristezze, gli addii quotidiani, la nauseante viltà.

Questo non è vivere, Mangiafuoco fa credere che questa sia vita, ma non lo è, no può essere questa la vita che ci è stata consegnata … questa è tutto, tranne che vita.

A salvarmi da questo imbuto è il sogno.

Il sogno di poter amare senza costrizioni, oltre i limiti, oltre le indecenze.

Il mio grande sogno è quello di vivere e rimanere negli occhi di una donna, la donna che sa come prendermi e portarmi via, in una notte sola, andare e tornare, svegliarmi dalla catalessi e pensare al sogno, attendere lo scorrere lento delle ore, perché è la che voglio andare,a quell’incontro, a quell’amore di silenzi e di brezza, nei tramonti e nelle albe del sogno o dei sogni che vanno a farsi nell’attesa di lei che come marea torna sempre all’imbrunire per illuminare la mia notte.

Io e lei ci cerchiamo nei silenzi nella notte, ci nascondiamo nelle parole durante la luce…

È come se ci fossimo amati in un’altra vita e incontrati oggi senza cercarci, se accade è amore.

Ti faccio dono delle mie dita che scivolano tra le pieghe della mia vita per donarti la mia, la più intima la più vera. Ti faccio dono dei miei sogni. Ti faccio dono dei miei occhi, aperti sui tuoi, sulle tue labbra,  del mio fremere quando mi guardi, quando porti alla mia bocca il gusto dei tuoi baci, quel mio e tuo insieme, fusi nel desiderio che ci sovrasta.

I nostri umori mescolati nella saliva.  Ti faccio dono di me, di quello che sono, di quello che nessuno ha mai respirato né mai avuto.

Hai la mia vita.

Vincenzo Calafiore

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