“…. Forse non ho più radici in questo pandemonio raggrumato agli orli di un’esistenza non esistenza. Ho solo la mia impronta ed è l’unico posto in cui vivo, che posso chiamare: casa mia! “ Vincenzo Calafiore E’ perdersi a volte in certi pensieri che prendono per mano e portano là dove si vorrebbe essere. Lì ci incontriamo ed è come se la incontrassi ogni momento, e se non accade, annego in un silenzio profondo. E penso a una lunga spiaggia deserta, di legni sbiancati dal mare che ha abbandonati a un tempo scandito dalla risacca; lei piegata su di me, fusi come solo possono stare due che si amano, che si affidano e confidano l’uno nell’altra, con gli occhi chiusi sorretta dalle mie braccia, era come se stessimo riprendendo la vecchia promessa di quando all’uscita di scuola si andava per mare. Accovacciati a ridosso di un grosso tronco, cominciai a raccontare di me, di come vivo di questo amore e dei miei libri, che, in fin dei conti sono la mia unica e vera passione, ed è stato come tornare a quelle passeggiate coi libri in mano. I miei occhi e i suoi si cercarono in quell’atmosfera bianca salina e si incontrarono.. non si sono più lasciati! I suoi occhi piccoli, da gabbiano… tentavano di nascondere la tempesta di desiderio che pian piano saliva e poteva esplodere da un momento all’altro da quegli occhi già nella tempesta. Tu coi tuoi ricordi umilmente accanto a te, che prendi come fossero libro da leggere quando vuoi, e me li presti come un libro da leggere, come per darmi piacere di una lettura. Ora, a volte rileggendoli li respiro piano e sono per me rifugio quello che prima non avevo e ora tu hai. Tu Principessa sempre più femminile, sempre più donna perfetta, come non amarti? Guardo la pioggia, cadere lentamente, dalla mia finestra; lotto con la mia immagine allo specchio e mi chiedo: ma come fai a vivere senza pensarti? Sono invecchiato inesorabilmente senza rimpiangere quello che c’è e che non ci sarà mai più .. adesso vivo una vita senza più specchi. Principessa tu sei una donna discreta, sempre lontana dai turbamenti… finché giunse l’uomo che ha cambiato la tua vita: io, eri per me irraggiungibile, poi iniziasti a sentire qualcosa anche tu. E io, da qualche parte dentro di me, mi sentivo in parte responsabile. Ricordi? Stavamo festeggiando la fine dell’estate su quella spiaggia ove più di una volta ci siamo amati; qualche bicchiere in più e il mio braccio sulle tue spalle, parlavo e recitavo versi di Pablo Neruda, ti piaceva la mia voce, quel mio timbro di voce, particolare; mi sembrava di toccarti con la mia voce, la sentivi sulla tua schiena come leggera emozione, tonalità segrete proibite che partivano dalle tue caviglie, e dalle caviglie salivano su per le gambe fino alle cosce e lì si fermarono. Tutte le inibizioni, tra vino e spumante, la mia voce… si accalcarono, vibrarono, andiamo! Andiamo via Principessa una volta per tutte, ti dissi allora… vieni e segui le leggende del mare. Era della nostra leggenda ti stavo parlando Principessa. Ballammo tutti attorno al fuoco, le tue braccia e le mie si allacciarono senza bisogno di invito. Erano lì e speravano e disperato aspettando l’occasione.. s’intrecciarono tra suoni e cori stonati. Amore, qual è il sacro che suggella l’amore? E mentre ballavamo ti dissi che il tango è l’espressione di un desiderio… e tu sei desiderio, infinito desiderio. Io penso ancora adesso e ti immagino orizzontale, e cerco le tue mani, le tue gambe.. vuoi le mie braccia che ti stringono, che si trasformano in dolcezza, vuoi le mie braccia per volare ; mi muovo e ti sento. Ti sento bollente come me, scotti … la tua fronte imperlata, la tua testa appoggiata alla mia, baciarla come un gatto sa fare. Sai Principessa il ballo è una scusa per i corpi che si cercano…. Io sono qui Principessa come sempre ad attenderti con la mia passione tra le ombre.

Redazione

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