Colpo di scena. Era nell’aria ma la scissione si è concretizzata alla vigilia del giuramento del Governo Conte. Cinquanta parlamentari dell’ala dura e pura si sono scagliati contro Luigi Di Maio e contro la struttura che gestisce il Movimento e si sono detti pronti a valutare “punto su punto le leggi da votare”. Gli scissionisti hanno denunciato poca collegialità, soprattutto dopo il passo falso sull’impeachment del Capo dello Stato. Nel mirino anche la gestione tutta “verticistica” del nodo Savona. “Non possiamo scoprire le cose da Barbara D’Urso, caro Luigi” attacca sulle pagine de La Stampa la sarda Emanuela Corda. Il pensiero è condiviso da molti. La rivolta mette a rischio la maggioranza in Senato, dove i numeri sono risicati. Nel mirino Davide Casaleggio e Rocco Casalino, capo della struttura comunicativa. “Due non eletti”, come tuonano i ribelli, secondo quanto riportato dal Messaggero. “Non firmeremo fiducie in bianco – sostengono -, ma Luigi non è in discussione al momento. Dobbiamo solo liberarlo dall’abbraccio mortale dello staff. Solo così potrà dimostrare di essere un vero leader”.
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