Negli ultimi anni il petrolio si è reso protagonista di un andamento altalenante. L’eccesso di offerta che ha lungamente condizionato il mercato ha infatti contribuito a spingere al ribasso le quotazioni del greggio, che si sono poi gradualmente e faticosamente risollevate nel corso dei mesi grazie a un intervento massivo in area OPEC (e in parte non OPEC), con riduzione dei livelli produttivi finalizzati proprio a consentire un riequilibrio del mercato. L’impegno del Cartello ha evidentemente prodotto i suoi frutti: il prezzo del greggio è tornato su livelli di equilibrio ritenuti accettabili (tra i 50 e i 60 dollari al barile), e tutto lascia intendere che OPEC e principali Paesi non OPEC (come la Russia) faranno di tutto per evitare che questa situazione di equilibrio possa rompersi.
Su tale scenario non mancano tuttavia i pericoli. Il principale, in particolar modo, è quello dello shale oil statunitense, le cui attività diventano improvvisamente molto convenienti su livelli di quotazioni petrolifere pari proprio a quelle che stiamo ora vivendo. Non è un caso che appena il petrolio ha superato quota 50 dollari al barile (e in parte anche prima) le trivelle statunitensi abbiano ripreso fortemente ad operare, portando i livelli della propria produzione su livelli nuovamente piuttosto elevati, e ponendo qualche problema di nuovi riequilibrio globale. Al di là di quanto sopra, un altro pericolo per l’ottenimento di una migliore condizione di equilibrio da parte del greggio potrebbe essere rappresentata non solamente dalle difficoltà che l’OPEC potrebbe incontrare nell’approvare un prolungamento effettivo dei tagli, quanto soprattutto dalla necessità di poter verificare l’effettivo rispetto dei tagli produttivi da parte dei membri. Ad ogni modo, riteniamo di esprimere un parere positivo e incoraggiante sull’evoluzione del greggio. A nostro giudizio i motivi di interesse che nel 2018 andranno a imporsi come priorità (si pensi alle elezioni russe o alla quotazione del fondo sovrano arabo) dovrebbero permettere alle parti in causa di rompere ogni indugio e impegnare ogni possibile sforzo per poter permettere al petrolio di portarsi sui livelli più desiderabili. Insomma, investire sul petrolio con posizioni long nel 2018 potrebbe essere una buona scelta, a parte di non attendersi dei margini di apprezzamento ulteriore troppo elevati, considerato che il punto di equilibrio del prezzo del barile è piuttosto vicino…
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