La combustione dei pellet è il meccanismo che permette il funzionamento efficiente delle stufe e dei caminetti che sempre più di frequente installiamo nelle nostre case; è quindi chiaro che perché tutto funzioni al meglio, e possiamo ottenere una resa accettabile del nostro impianto di riscaldamento, bisogna che niente ostacoli questo processo. Questo andamento ideale delle cose non è però così scontato: sono numerosi infatti i motivi per cui può accadere che i pellet caricati nella stufa brucino in modo meno che efficiente, generando sia una resa inferiore da un punto di vista termico sia – ancora più grave – potenziali danni all’impianto. Non stupisce dunque che si presti grande attenzione al problema, e che anche i più importanti blog di settore – uno su tutti Pellet blog – dedichino intere pagine al tema della combustione dei pellet.
La ragione per cui possono verificarsi problemi all’interno della stufa è fondamentalmente questa: la combustione è una reazione chimica, e come tutte le reazioni chimiche genera dei prodotti di scarto. Questa non è una novità, dato che tutti conosciamo i prodotti di scarto della combustione del legno: la cenere e i residui delle braci. All’interno di un impianto di calibrazione molto fine come le stufe a pellet, però, questi residui da combustione imperfetta possono in realtà generare dei problemi gravi al funzionamento del sistema, e devono quindi essere monitorati.
Uno dei problemi più diffusi legati alla non perfetta combustione dei pellet è infatti proprio l’accumulo, per deposito progressivo, delle ceneri all’interno dell’impianto, prima nella camera di combustione e poi, mano a mano, sulle superfici interne delle canne fumarie. L’entità di questo problema, che prende il nome di “fouling”, deriva fondamentalmente dalla composizione chimica dei pellet stessi. Se infatti sono stati usati materiali con un elevato tasso di composti alcalini, le ceneri generate durante la combustione mostrano un punto di fusione molto più basso. Questo, a sua volta, causa la formazione di depositi particolarmente tenaci e compatti, che si stratificano appunto lungo le pareti delle canne fumarie. Il risultato? Un restringimento del diametro utile delle canne, che può compromettere innanzitutto il tiraggio, e secondariamente la capacità della stufa stessa di generare calore.
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