Con il termine hybris si intendeva, nell’antichità, il voler superare il limite. Proprio di tracotanza, nel corso della letteratura, è tacciato Ulisse. Chissà se Pietrangelo Buttafuoco si è ispirato all’eroe greco prima di solcare il palco, perché i due personaggi hanno molto in comune. Il primo, ha la necessità di tornare dalla sua petrosa Itaca, il secondo dimostra un attaccamento viscerale alla sua terra di origine: la Sicilia. Entrambi mossi dal bisogno della scoperta, della conoscenza, dalla curiositas. E’ proprio qui che dimostra la sua abilità il giornalista siciliano, nel saper mutare non cadendo mai nella banalità. Il dolore pazzo dell’amore? Il titolo di uno dei suoi libri (Bompiani 2013), oggi uno spettacolo in scena al teatro Vittoria della Capitale fino al 9 ottobre. Lo scrittore assieme a Mario Incudine e Antonio Vasta percorre la sofferenza amorosa in tutte le sue declinazioni lasciando cantare il pubblico in siciliano, facendolo commuovere, riportando a galla delle sensazioni del passato che sembravano svanite, ma in realtà solo sopite. Pietrangelo è se stesso, non recita, semplicemente racconta, un po’ la sua vita, un po’ i suoi amori, battendo, talvolta a ritmo incalzante, senza accorgersene le punte dei piedi, lasciandosi travolgere lui stesso da ciò che accade in scena, travolgendo nel contempo gli astanti. La piece funziona, rapisce. Bravissimi i musicisti, coloriti, travolgenti… Si intende che la morte non è la fine di tutto, ma forse un nuovo inizio.
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