Trento, Giorno della Memoria: intervento del Sindaco

Di seguito l’intervento del sindaco Alessandro Andreatta in occasione della celebrazione ufficiale del Giorno della memoria.

Settantuno anni fa, in una giornata ancora più gelida di questa, i soldati dell’armata rossa abbatterono i cancelli di Auschwitz sopra cui svettava beffarda la scritta “Il lavoro rende liberi”. Trovarono settemila prigionieri ridotti a scheletri, ombre di se stessi, vittime di una persecuzione disumana e sistematica, organizzata da uno Stato che aveva fatto diventare l’assassinio legge, il genocidio parte di un progetto politico.

Oggi ricordiamo quel 27 gennaio che liberò i sopravvissuti. Ricordiamo tutte le vittime – bambini, donne, anziani, disabili – che, a milioni, finirono la loro vita nei campi di concentramento, uccisi dagli stenti e dalle malattie o dalle camere a gas. Ricordiamo gli ebrei, i prigionieri politici, i Rom, i testimoni di Geova e in particolar modo gli omosessuali, che furono per molti anni vittime due volte: della Shoah e dell’oblio in cui furono confinati da un perdurante pregiudizio omofobo.

Si dice che la memoria faccia brutti scherzi. Anche la memoria dei fatti storici è talvolta lacunosa, arbitraria, tendenziosa e può essere condizionata da tabù e preclusioni. La vicenda dello sterminio degli omosessuali rientra sicuramente in questa casistica. Non a caso oggi si parla di “vittime dimenticate”, che ancora non hanno il posto che meritano nella coscienza collettiva di quello che fu il periodo più nero della storia moderna. “Notte e Nebbia” si chiamava, con una poetica citazione wagneriana, l’atroce decreto che Hitler emanò nel 1941 con lo scopo di eliminare senza lasciare traccia “i soggetti pericolosi per il Reich”. Ma la notte e la nebbia hanno inghiottito per molti anni anche la memoria delle vittime omosessuali del nazismo, perché i comportamenti omofobici, le leggi discriminatorie non furono del tutto abrogate dal codice civile e dalla mentalità comune alla fine della seconda guerra mondiale. Continuarono e spesso continuano tutt’oggi ad essere in corso di validità, in alcuni paesi non troppo remoti del mondo e anche nei comportamenti delle società che, sulla carta, sono più moderne e avanzate.

Quanti siano stati gli omosessuali vittime del nazismo non ci è dato sapere in modo preciso. Le stime degli storici ci dicono che i “triangoli rosa” – così erano contrassegnati nei Lager gli omosessuali – furono uccisi a migliaia, forse a decine di migliaia. Tantissimi furono sottoposti a sterilizzazione, altri diventarono oggetto di orribili esperimenti scientifici. Il tasso di mortalità degli omosessuali nei campi di concentramento fu del sessanta per cento, secondo solo a quello degli ebrei, contro il 41 per cento dei prigionieri politici o il 34 dei testimoni di Geova. Questa contabilità di morte, questa scala della crudeltà è importante per ricostruire in modo rigoroso quel che accadde. Ma non ha alcun intento di stabilire una gerarchia, una graduatoria all’interno della moltitudine delle vittime. Che furono tutte, allo stesso modo, schiacciate da un regime violento, crudele, antidemocratico e antiumano.

Come ha scritto Primo Levi, “la memoria è come il mare: può restituire brandelli di rottami a distanza di anni”. Oggi dunque anche la memoria negata e rimossa dello sterminio degli omosessuali è diventata più nitida. Sta a noi fare in modo che diventi anche memoria condivisa, consapevoli che le cose che si dimenticano possono ritornare, che – come ci ammonisce ancora Levi – “tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo”.

Oggi il rischio è quello che la Shoah sia solo una storia tra tante. Un brandello del nostro passato, né più né meno importante di tanti altri. Invece quell’abominio deve diventare l’orrore che è obbligatorio conoscere e tramandare non solo nel suo esito finale, ma anche nel dettaglio del suo divenire, perché sono state tante piccole viltà reiterate nel tempo a renderlo possibile. E’ stata l’indifferenza nei confronti delle sorti del vicino di casa, la “normale” obbedienza a leggi assurde e inumane, la sottovalutazione di un male che appariva come banale, ordinario, in fondo accettabile a scavare a poco a poco il baratro che ha inghiottito la dignità e la vita di milioni di persone. Per questo, in un periodo in cui in Europa ritornano le frontiere, occorre tenere alta la guardia dell’attenzione e ricordare a noi stessi, ai nostri giovani che, come ci dimostrano gli esempi di Oskar Schindler, Giorgio Perlasca, del vescovo Nicolini e di tanti Giusti tra le Nazioni, è sempre possibile, in qualsiasi condizione, trovare il modo di restare umani.

Buona giornata della memoria a tutti

Redazione

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