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Roma, restaurato Il pastore di Martini. La statua torna a via Crispi

“Un niente, come una potenza naturale”. Questa, nelle parole dello stesso autore, l’essenza de Il pastore di Arturo Martini: capolavoro della scultura del ‘900, databile al 1930, sembra davvero percorso da un alito primigenio. Nato dall’incubatrice del modernismo italiano che riandava a matrici mitico-classiche accogliendo stimoli formali europei, figlio dello stesso clima che aveva generato la dannunziana Figlia di Iorio e gli arcaismi “modernisti” della musica di Pizzetti, questo pastore italico dalle potenti masse muscolari appare animato da un’elementare, rugosa istintualità. Rugosa anche per via della materia in cui è plasmato, la terracotta. Fragile, porosa terracotta che non ha retto nel tempo e s’era rovinata in più parti. Ora la statua è rinata, restaurata da un pool di esperti, e torna al suo posto alla Galleria Comunale d’Arte Moderna in via Francesco Crispi 24.

Il ripristino de Il pastore è stato promosso dal Campidoglio (Assessorato Cultura – Sovrintendenza capitolina), dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e dalla fondazione Paola Droghetti onlus. Quest’ultima ha finanziato il lavoro, eseguito da giovani restauratori all’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (interno al Mibact) con le borse di studio concesse dalla fondazione.

Struttura della terracotta e delicatezza di tecnica esecutiva fanno del Pastore una scultura fragile, non solo sul piano della resistenza meccanica ma pure su quello, forse più cruciale, del recupero estetico: porosità e rugosità, apparente “incompiutezza”, scabrosità delle superfici sono l’anima di questa figura a grandezza naturale; per mantenerle servono cura estrema e grande sensibilità. Il lavoro, infatti, ha richiesto un anno.

A complicare le cose nel tempo, anche i danni subiti nel 1974: un grosso pannello rovinò sulla statua, allora in deposito temporaneo alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, e la scompose in una serie di frammenti. Seguì un primo restauro eseguito sul posto a Villa Giulia.

Il pastore fa parte d’un gruppo di sculture monumentali, tutte in terracotta e in materiale refrattario, realizzate da Martini alla fine degli anni ’20. Una delle più significative serie scultoree mai plasmate nell’ancestrale, mediterranea creta. Con alcune di queste statue, in mostra alla prima Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma del 1931, l’artista ebbe il primo premio per la scultura.

Il restauro è stato illustrato, per Roma Capitale, dall’assessore Giovanna Marinelli (Cultura e Turismo) e dal sovrintendente capitolino ai Beni Culturali Claudio Parisi Presicce. Per l’occasione, proiettato un filmato sull’argomento (L’arte, la creta, la vita) e presentato il volume Potenze naturali. Il restauro del “Pastore” di Arturo Martini, a cura di Maria Catalano e Laura D’Agostino.

Redazione

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